RomaDopo quasi due settimane dal varo in Consiglio dei ministri il decreto «Sblocca Italia» è ancora bloccato. Il provvedimento non ha ancora ricevuto la bollinatura della Ragioneria generale dello stato e, per questo motivo, non può essere inviato al Quirinale per la firma e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
I rilievi tecnici non sono solo di natura finanziaria (come prevedibile), ma anche di tipo formale. Il mix delle obiezioni ha così prodotto un progressivo slittamento dell'emanazione definitiva che, secondo fonti bene informate, si dovrebbe chiudere a breve. Al di là della brutta figura del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che su questi provvedimenti ha impostato buona parte delle sue performance estive, a rimetterci saranno cittadini e imprese perché tanti cambiamenti, soprattutto in tema di snellimento degli iter burocratici, saranno quasi sicuramente accantonati per essere rinviati a tempi migliori.
Ad esempio, è passato in cavalleria il regolamento edilizio unico comunale, l'unica vera innovazione che avrebbe limitato la discrezionalità di sindaci e uffici tecnici in materia di procedimenti autorizzativi. Anche altre liberalizzazioni verranno meno. In primis, quella relativa alle manutenzioni straordinarie che toccano le strutture portanti di un edificio limitandola a una semplice comunicazione di inizio lavori. È venuto meno anche il permesso di costruire in deroga alle destinazioni d'uso degli immobili: sarà possibile solo con una dichiarazione di pubblico interesse del consiglio comunale. Per non parlare della limitazione dei poteri delle soprintendenze dei Beni culturali: la loro parola sarà ancora legge per quasi tutti gli interventi. A partire da quelli riguardanti gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Le pubbliche amministrazioni potranno, infine, usufruire dei soliti tempi biblici per opporsi a un progetto, a fronte delle prime bozze che limitavano i tempi dell'opposizione a sei mesi o a un anno per i cantieri più importanti. Dalle ultime bozze è sparito anche lo «sblocca cantieri minori» (era prevista fino al 31 dicembre 2015 l'aggiudicazione degli appalti in base a rating di legalità e sorteggio per le opere di importo tra 200mila e 1 milione di euro). Sembrano questioni tecniche, ma riguardano la vita di tutti i giorni: il governo ha perso la partita contro la burocrazia di Stato.
A fronte di questa sconfitta assume una minore rilevanza la cronica mancanza di fondi per capitoli di primaria importanza. L'ecobonus del 65% per opere di risparmio energetico e prevenzione antisismica è stato rinviato alla prossima Legge di Stabilità.
Dei 3,9 miliardi annunciati per le grandi opere, inoltre, fino a fine 2015 saranno spesi solo 296 milioni, poca roba. D'altronde, anche lo stesso Renzi ha dovuto rinunciare ai poteri di supercommissario che aveva avocato a sé per spezzare il giogo dei veti incrociati. Ora gli è tutto da rifare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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