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Gli scafisti in chat con il vademecum di comportamento. "Evitate Malta, puntate sull'Italia"

Perché i barconi di migranti non vanno a Malta? Perché a Malta non si sentono accolti

Gli scafisti in chat con il vademecum di comportamento. "Evitate Malta, puntate sull'Italia" Esclusiva

Perché i barconi di migranti non vanno a Malta? Perché a Malta non si sentono accolti. Questo sembra essere il senso di una conversazione che abbiamo intercettato in uno dei gruppi social in cui si ritrovano i migranti, dove vengono fornite indicazioni su come evitare di incrociare l'isola de La Valletta nelle rotte che partono da Tunisia e Libia. La meta da raggiungere dev'essere solo una: l'Italia. E bisogna fare tutto il possibile per riuscirci.

È stato stilato quello che sembra essere un vero e proprio vademecum dedicato ai trafficanti ma anche ai «capitani» e ai «bussolieri», le figure che materialmente portano i migranti per mare. Le indicazioni sono semplici e chiare e se da un lato spiegano quello che bisogna fare per evitare o, nel caso più grave, lasciare l'isola, dall'altra parte cercano di scoraggiare chi, per comodità o sicurezza, pensa che uno sbarco a Malta potrebbe essere una buona soluzione. «I bussolieri devono imperativamente evitare Malta, tranne che in emergenza», si legge nel messaggio. Sono loro che a bordo usano il sistema di orientamento, che sia una bussola o un'applicazione sull'unico telefono operativo della barca. Quindi sono loro che danno indicazioni ai capitani su dove dirigere la prua del barcone o del gommone. Dalla Libia, in particolare da Tripoli e da Misurata, l'isola sarebbe ben più semplice da raggiungere: costerebbe meno e ci sarebbero meno rischi di sicurezza. Eppure, si punta la Sicilia.

I motivi vengono spiegati successivamente: «In caso di campo chiuso: nessun telefono, quindi nessuna possibilità di contattare le vostre famiglie». Questo passaggio viene esplicitato ancora meglio in uno dei commenti che abbiamo avuto modo di leggere da parte di chi sembra conoscere molto bene l'argomento: «Malta confisca tutto: nessuna chiamata né niente. In Italia almeno puoi dare notizie ai parenti, a Malta è molto difficile». L'Italia diventa, agli occhi di queste persone, una sorta di «paradiso in Terra» in cui chi arriva è libero di muoversi e di fare quel che desidera, anche sradicare gli impianti elettrici delle strutture di accoglienza per creare allacci abusivi utili a mettere in carica quegli smartphone tanto cari. Smartphone che non vengono utilizzati solo per comunicare con le famiglie ma anche con i trafficanti, come dimostrano i tanti video che circolano in rete.

Viene poi effettuato un tentativo di incutere paura con quel vademecum, perché vengono indicati ipotetici periodi di detenzione di «un anno per gli uomini» e di «otto mesi per le donne», in caso di arrivo nei «campi chiusi». Se si arriva nei «campi aperti», invece, l'imperativo è uno: «Trovare un modo per scappare».

Ma Malta è un'isola e questo crea ulteriori complicazioni ai «poveri migranti»: molti, come abbiamo appurato, una volta in alto mare fanno carta straccia dei loro documenti e li gettano in acqua. E anche se li avessero non sarebbero utilizzabili, vista la loro condizione di irregolarità. Ma per lasciare lo Stato insulare le vie a disposizione sono due: aereo o mare. Ma non coi barconi, visto che le coste maltesi godono di un'ottima rete di sorveglianza. Salire a bordo dei traghetti per la Sicilia come clandestini rappresenta un enorme rischio e chi ha preparato il «vademecum» per evitare Malta lo sa bene: devi cercare la fuga «sapendo che se vieni fermato c'è la prigione».

L'Italia si conferma nell'immaginario dei migranti il «Paese di Bengodi», dove chiunque arriva può fare quel che preferisce senza pensieri di sorta.

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