RomaNon c'è giorno in cui non cada un mattone dal castello del Pd. Si sgretola Agrigento, dove le primarie sono vinte nientemeno che da un rivale di Forza Italia. Si allunga la lista degli indagati a Roma nell'inchiesta su Mafia Capitale e, novità delle ultime ore, esplode il caso di Ostia criminale, con il commissariamento del Municipio. È l'ultimo guaio per il sindaco Marino, che dovrà trovare l'uomo giusto per combattere i clan delle spiagge e sottoporsi a un terrorizzante voto di «midterm» tra un anno. C'è poi lo psicodramma della Campania, dove lo stravittorioso Vincenzo De Luca, il sindaco sceriffo di Salerno, si candida alla Regione con una condanna in primo grado. I dem sono in fibrillazione. Si sussurra che Matteo Renzi stia pensando a un piano B: far fuori lo sceriffo e sostituirlo con il ministro Andrea Orlando o Salvatore Cantone. E poi c'è il caos Piemonte, con l'inchiesta sulle firme per la candidatura di Sergio Chiamparino, che minaccia di dimettersi. In Puglia un assessore regionale è pronto ad abbracciare Vendola. Nelle Marche il governatore uscente Spacca potrebbe accerchiare i democratici con un'alleanza inedita con Ncd e Forza Italia. In Liguria, peraltro, ancora è caldo nel Pd il «cadavere» di Sergio Cofferati.
Tanto il premier si prodiga nel diffondere i risultati del suo governo, quanto si muove sotto traccia, da gatto silenzioso, tra i disastri del partito. Sono due mondi all'apparenza scollegati: l'esecutivo delle riforme e la casa politica in dissesto. Il fatto è che tra due mesi si andrà al voto in sette Regioni e mille Comuni, e bisognerà capire quale Renzi sceglieranno gli elettori, se il Matteo premier o il Matteo segretario.
Il paradosso di un meccanismo pre-elettorale che si sta inceppando a discapito di se stesso si è visto in questi giorni ad Agrigento, dove le «strampalate primarie» democratiche, come le definisce Repubblica , sono state vinte da Silvio Alessi, presidente della locale squadra di calcio e sostenuto da Forza Italia. L'impresa di Alessi ha sconvolto i renziani. La segreteria provinciale già chiede l'annullamento del voto.
Ma l'enclave più squassata del partito è sicuramente il Lazio. Indagato nel «mondo di mezzo» e dimesso il capo di Gabinetto del governatore Zingaretti, Maurizio Venafro. Indagato per la Metro C l'assessore alla Mobilità del Campidoglio Guido Improta. E ora la bomba di Ostia. Nel litorale in mano alle bande mafiose si è dimesso il minisindaco del Municipio Andrea Tassone. Marino sembrava volerlo riconfermare con una supergiunta in cui sarebbero entrati nomi storici come Livia Turco.
Ma una durissima interrogazione dell'Ncd (Andrea Augello) sul trasferimento, voluto da Tassone, del capo locale dei vigili ha frenato la mossa del medico. Che ora deve scegliere un martire, o un ambizioso commissario, che si voglia cimentare per un anno, fino al voto, su un territorio gravemente infiltrato e a rischio disfatta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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