Cronache

"Lo scandalo dei giudici tra incompatibilità e conflitti di interessi"

L'avvocato: «Ci sono oltre 200 toghe onorarie che hanno posizioni di rilievo nelle strutture»

"Lo scandalo dei giudici tra incompatibilità e conflitti di interessi"

Un mondo nebuloso, pieno di incongruenze, incompatibilità e troppe, troppe cose che non tornano. Stranezze che si trasformano in veri e propri scandali. Inaccettabili, perché di mezzo ci sono bambini e genitori. E vagoni di sofferenza. È così che l'avvocato Cristina Franceschini ha iniziato a indagare, a studiare, a capire e a raccogliere dati. Ha fondato una Onlus, Finalmente Liberi. E soprattutto, incrociando i dati ha capito qualcosa che era sfuggito agli altri.

Che cosa ha scoperto?

«Una cosa allucinante: fino al 2016 c'erano 211 giudici minorili onorari in una situazione di possibile incompatibilità, ovvero con rapporti professionali ed economici con le case-famiglia».

In che senso?

«Che oltre a essere giudici onorari spesso sono i dirigenti delle comunità».

E oggi?

«Non c'è un organo nazionale che controlli»

Cioè un clamoroso conflitto d'interesse?

«Esattamente. È uno scandalo lampante, cioè, questi giudici minorili dovrebbero decidere in modo imparziale se tenere o meno i bambini nelle strutture di accoglienza ma hanno interessi in questi stessi istituti».

Chi sono i giudici onorari?

«Psicologi, avvocati, psichiatri Sono poco più di un migliaio e di fatto hanno il pallino in mano quando si tratta di affidamenti in casa famiglia oppure a centri per la protezione dei minori. Ma è importante precisare una cosa fondamentale: che il giudizio di un giudice onorario minorile è pari a quello di un magistrato di carriera».

Possibile che nessuno avesse mai notato questo conflitto?

«Il tema non era mai stato sollevato. Con il mio dossier il Csm si è mosso per mettere mano al problema. Ha emesso una circolare con la quale stabilisce un'incompatibilità evidente».

Com'è nata l'idea di costituire una Onlus?

«Perché solo così possiamo avere la forza di interfacciarci con le istituzioni politiche. Il nostro intento è quello di fare luce, di far sapere. Di far uscire dal cono d'ombra questa situazione abominevole. Nel 2012 siamo stati ricevuti da Alessandra Mussolini che allora era la presidente della commissione bicamerale per l'infanzia e adolescenza e abbiamo redatto dei report utilissimi».

Perché ci sono tanti bambini negli istituti?

«I motivi sono diversi, ma molto spesso perché ci sono interessi economici forti. Un bambino in un istituto è una risorsa. Soprattutto se il giudice è anche il dirigente. Perché mai dovrebbe sottrarre alla struttura una entrata assicurata?»

Secondo lei come potrebbe migliorare la situazione?

«Dando la possibilità anche ai genitori di presentare una controperizia. Spesso quando un assistente sociale decide di togliere un bambino ai genitori lo fa basandosi su valutazioni. E spesso manca il contraddittorio vero. I genitori non hanno strumenti per ribattere. E questa è un'ingiustizia».

Quanti bambini vengono tolti alle famiglie in un anno?

«Si stima siano 80 bambini al giorni».

Quali sono le motivazioni?

«Le più svariate. Ovviamente ci sono casi gravissimi di abusi e di violenze, di incapacità genitoriale conclamate. Ma in altri casi purtroppo anche motivazioni del tutto soggettive, relazioni discutibili di assistenti sociali che compilano relazioni sulla base di case disordinate, ma quante madri che lavorano hanno il tempo di tenere tutti i giorni la casa perfetta e in ordine? E in altri casi addirittura ci sono casi vietati dalla legge».

Ad esempio?

«Per motivi economici.

La legge vieta di togliere i figli alle famiglie indigenti, ma spesso purtroppo non è così come risulta anche dai report governativi anche se anacronistici perché riferiti al 2010».

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