Scandalo omicidi stradali. Se anche il pg si ribella al mini-patteggiamento

Da Garbagnate a Bologna: le storie dei ragazzi uccisi in strada. Pene lievi: ira delle famiglie e primi ricorsi

Scandalo omicidi stradali. Se anche il pg si ribella al mini-patteggiamento
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Una famiglia che ha perso un figlio, ucciso a quindici anni da un pirata della strada. Un procuratore generale che deve occuparsi di quattro morti, quattro giovani vite spezzate dall'incoscienza di un coetaneo al volante. Ad accomunare le due vicende, un dato disarmante: in entrambi i casi, il colpevole potrebbe non fare un giorno di carcere, nonostante avesse bevuto oltre i limiti. La linea della fermezza, annunciata nel 2016 con l'introduzione del reato di omicidio stradale, è tale solo sulla carta.

Il quindicenne si chiamava Valentino Colia, venne travolto e ucciso sulle strisce pedonali a Garbagnate Milanese il 17 luglio scorso da un pregiudicato che guidava senza patente e col tasso alcolico fuori norma: la Procura di Milano ha patteggiato con lui una condanna a quattro anni, che gli permetterebbe di passare in affidamento ai servizi sociali senza passare un giorno di cella, la famiglia si è indignata, la Cassazione pure e il pm Luca Poniz ha dovuto modificare l'accordo di una manciata di mesi, un mini-aumento che fa dire alla madre di Valentino «sono addolorata, arrabbiata, avvelenata». Dopo appena otto mesi di carcere l'uomo che ha ucciso suo figlio sarà fuori. Stessa scena ad Alessandria, dove la medesima pena di quattro anni (non è una coincidenza: è la pena massima che si può ricevere senza il rischio di scontarla davvero) è stata inflitta a Marouan Naimi, 22 anni, che nel dicembre 2022 per scappare a un alt dei carabinieri lanciò a 130 all'ora la Peugeot su cui aveva stipato sette amici. Lo schianto fu devastante, quattro ragazzi persero la vita. La sentenza che salvava Naimi dal carcere ha creato la rabbia dei familiari dei ragazzi morti, uno di loro - difeso dal combattivo avvocato Angelo Colucci - ha segnalato il caso alla Procura generale di Torino: «un anno di pena per ogni vita spezzata, un'assurdità». E la Procura è stata d'accordo, ritenendo la pena inflitta insensatamente bassa grazie alla concessione delle attenuanti generiche. Nei giorni scorsi è stato depositato dal pg Nicoletta Quaglino il ricorso che chiede l'aggravamento della sentenza. La parola passa alla Cassazione.

Non sono casi isolati. In assenza di statistiche ufficiali, un rapido screening dei casi di omicidio stradale arrivati alla sentenza definitiva dice che la stragrande maggioranza dei casi resta sotto i due anni di pena, coperti dalla sospensione condizionale, o sotto i quattro, limite per l'affidamento in prova. A fare impressione è la quantità di processi: dall'inizio di marzo la Cassazione ha dovuto occuparsi di ben 24 processi per omicidio stradale, 24 tragedie causate dall'insipienza, dalla distrazione, dall'incoscienza. Le pene medie oscillano tra l'anno e l'anno e mezzo, quando non scatta l'aggravante dell'alcol o della droga: si tratta quasi tutti di patteggiamenti, che arrivano in Cassazione solo perché l'imputato chiede persino che gli sia ridata la patente o gli sia ridotta la sospensione. Anche quando la tragedia è causata da sconsiderati che si mettono al volante ubriachi, la pena spesso non supera i quattro anni. Come Bogdan Pasca, l'autista-killer di Garbagnate, e come Marouan Naimi se l'è cavata Mohamed Mouchane, che a Chieti col suo autocarro, con tasso alcolico quattro volte il limite, centrò una Smart uccidendo il conducente: quattro anni e niente cella (gli è andata anche male, il pm aveva chiesto un anno e otto mesi).

A Bologna Mattia Sammartino, che travolse e uccise una ragazza in scooter mentre era pieno di cannabis e alcol, è stato condannato a cinque anni: ne aveva fatto uno ai domiciliari, quindi anche per lui niente carcerazione. Ci sono eccezioni: Dimitre Trajkov, che nel 2022 uccise due donne a Udine, è da gennaio in carcere a scontare una condanna a sette anni. Ma sono eccezioni.

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