Coronavirus

La scelta adulta dei giovani

Se Rieti sarà lo specchio del Paese, l'Italia potrà dirsi al sicuro. Il primo giorno di vaccinazione aperte ai 12-15enni è iniziato con un overbooking

La scelta adulta dei giovani

Se Rieti sarà lo specchio del Paese, l'Italia potrà dirsi al sicuro. Il primo giorno di vaccinazione aperte ai 12-15enni è iniziato con un overbooking: ne avevano previsti cento, ne sono arrivati il doppio. Le migliaia di adolescenti che in diverse Regioni si sono prenotati per ricevere la cura sono la risposta al dubbio che era stato sollevato nelle scorse settimane: i giovani faranno la loro parte nella corsa all'immunità di gregge? Iniziamo a intuirlo: ne saranno protagonisti. E quanto più alta sarà la loro adesione, tanto più chiara sarà la sofferenza patita nel corso dell'anno e mezzo che ci stiamo mettendo alle spalle. Vaccinarsi sarà una loro scelta, non dei genitori. Saranno loro ad aver pesato le privazioni e a rivendicare il bisogno di libertà, socialità, affettività. I genitori, al massimo, avalleranno la loro decisione. E questa, in fondo, è l'eredità generazionale del Covid. Un trauma enorme - certo - ma anche uno scatto di maturità e una memoria collettiva, una traccia condivisa che sarà rievocata tra decenni, «ricordi la pandemia?» come i loro bisnonni ricordano la Grande Guerra. Perché questa corsa a immunizzarsi? Per tornare a scuola, per viaggiare, per andare in discoteca, per stare tra amici, per non avere più paura. Farlo per sè e non per il prossimo: anche se così fosse non ci sarebbe niente di male, l'ipotesi minima raggiunge lo scopo.

Oppure considerare l'alternativa: che i ragazzi scelgano di vaccinarsi pensando a sè e agli altri perché quest'anno interminabile li ha fatti crescere, e per sentirsi parte di quella dimensione fino a ieri così astratta e insignificante che gli adulti chiamano comunità.

Commenti