La scelta del premier dopo le elezioni. "Indicherà il nome il leader più votato". L'ok di Berlusconi

Una decisione salomonica per risolvere la spinosa questione del candidato premier per il centrodestra

La scelta del premier dopo le elezioni. "Indicherà il nome il leader più votato". L'ok di Berlusconi

Una decisione salomonica per risolvere la spinosa questione del candidato premier per il centrodestra. Nel vertice dei leader della coalizione ieri si è deciso di seguire alla lettera il dettato della legge elettorale vigente. Ognuno correrà indicando il proprio «leader». E poi a scrutinio elettorale concluso chi avrà preso più voti avrà la possibilità di indicare il candidato premier da spedire da Mattarella per l'incarico di formare il governo. Ma quel «chi» non corrisponde al partito, bensì al singolo candidato. Quindi la corsa al politico più votato non esclude nessuno degli attori in gioco.

Alla fine la Meloni ha vinto. Ma non hanno perso i suoi alleati. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno almeno ottenuto che non si affronti l'intera campagna elettorale sotto il nome di un premier già indicato a priori. I moderati, questa la preoccupazione dei dirigenti azzurri, potrebbero avere difficoltà a confermare la fiducia a Forza Italia o alle altre forze di centro della coalizione se a guidare la corsa verso Palazzo Chigi fosse un nome di destra già deciso a priori.

Il vertice, che si è tenuto negli uffici del gruppo della Lega a Montecitorio, è stato preceduto da un incontro ristretto. Meloni, Berlusconi e Salvini si sono intrattenuti per delineare i punti su cui incardinare il programma.

Si tratta del primo vertice a Montecitorio dopo i colloqui e le riunioni del febbraio del 2021 per decidere sull'elezione del nuovo presidente della Repubblica.

Anche in questo caso vittoria della Meloni, che aveva chiesto una sede istituzionale e neutra per l'incontro. A fare gli onori di casa, oltre a Salvini (il primo alle 21 a lasciare la Camera), il suo ministro Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli. Berlusconi era accompagnato da Antonio Tajani e dalla senatrice Licia Ronzulli. Per Fratelli d'Italia, oltre alla Meloni, erano presenti Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida. A completare la coalizione anche i centristi dell'Udc con il presidente Antonio De Poli, Maurizio Lupi per Noi per l'Italia, e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro in rappresentanza di Coraggio Italia con il fondatore Luigi Brugnaro.

Al termine dell'incontro i volti dei partecipanti tradivano una riconquistata serenità. Per tutti il clima è stato sereno e positivo. Soprattutto per via della compattezza dimostrata e per il fatto che una veloce ricognizione dei punti da difendere in comune durante la campagna elettorale ha dimostrato che c'è una ampia convergenza di vedute. Anche l'interruzione per una mezz'ora per sondare i rispettivi partiti sulla questione dei collegi non è stata vista come un ostacolo quanto come un'esigenza per tutti di arrivare all'accordo finale in piena chiarezza. La ripartizione dei candidati nei collegi uninominali decisa al vertice del centrodestra prevederebbe questo schema di massima: 98 a Fratelli d'Italia, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia-Udc e 11 ai centristi di Noi con l'Italia e Coraggio Italia. Per quanto riguarda i collegi per gli italiani all'estero, la coalizione correrà con una lista unica.

La leader di Fratelli d'Italia ha ottenuto di rispettare la stessa regola che è stata usata nelle passate elezioni politiche del 2018, ma senza forzature. Ragionando caso su caso. Anche perché rimane tuttora aperta la questione sulla ripartizione degli «ospiti» dei piccoli partici centristi nelle liste dei partiti maggiori. In passato, infatti, si è sempre usato il metodo di offrire collegi e candidature ai rappresentanti delle sigle minori nella lista del partito più forte. Cosa che in passato ha fatto Forza Italia. Questa volta, quindi, a prendere in consegna candidati di Udc, Noi con l'Italia e della lista Brugnaro dovrebbe essere appunto il partito di Giorgia Meloni. Sul quanti (e sul dove), però, ancora non si è raggiunta una mediazione soddisfacente.

Tutti hanno poi convenuto che la compattezza della coalizione è un valore aggiunto che può rappresentare il jolly decisivo nel confronto con il campo «eterogeneo» proposto da Letta e Calenda. Ma la compattezza elettorale deve poi tradursi in stabilità politica anche per il prossimo esecutivo. «Siamo tutti indispensabili per vincere - ricorda Silvio Berlusconi. Bisogna costruire le basi per un governo solido che duri 5 anni».

Insomma sui tre temi su cui il vertice si doveva concentrare, due hanno ottenuto un punto definitivo. Oltre alla premiership, infatti, anche il programma non rappresenta un ostacolo. Come disposto dalla legge elettorale, infatti, ognuno in campagna elettorale porterà avanti il proprio programma.

Salvo presentarne comunque uno condiviso, articolato su una decina di punti. E per elaborare questo testo è stata indicata una commissione che si riunirà già nei prossimi giorni e della quale, per Forza Italia, faranno parte Alessandro Cattaneo e Andrea Mandelli.

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