Pronti, via. È la giornata della conferma della regola dei due mandati. Vince Beppe Grillo, secondo la vulgata. Il vero trionfatore è Giuseppe Conte, che così potrà avere mano libera nella composizione delle liste, sostiene un'altra corrente di pensiero, di certo non minoritaria all'interno di quel corpaccione impazzito che è diventato il M5s. In tarda mattinata l'Adnkronos spara la notizia: «Non ci sarà nessuna deroga alla regola del tetto dei due mandati nel Movimento 5 stelle. La decisione, a quanto si apprende, è stata già comunicata dal leader del movimento Giuseppe Conte ai veterani del M5s». Scatta la tagliola per quarantanove parlamentari tra Camera e Senato. Coinvolti tanti big. Nomi di peso come Paola Taverna, Alfonso Bonafede, Vito Crimi, Roberto Fico e i ministri Fabiana Dadone e Federico D'Incà non potranno più rimettere piede in Parlamento.
Stando a guardare le notizie degli ultimi giorni, la sensazione è quella di una vittoria schiacciante del Garante. Il comico aveva fatto filtrare la totale indisponibilità a fare a meno della regola aurea stabilita alle origini insieme a Gianroberto Casaleggio. Un principio inderogabile, definito da Grillo come la «luce nelle tenebre» in una vecchia politica che non si sa rinnovare. Poi Conte aveva fatto retromarcia, lasciando intendere che fosse ancora in piedi la possibilità di fare delle eccezioni per alcuni esponenti particolarmente in vista come Taverna, Fico, Crimi e Bonafede. «La regola non è un diktat», il controcanto dell'avvocato. Ma dal Garante sono arrivate solo minacce: «Se deroghi lascio il M5s».
Quindi la svolta. Nel pomeriggio arriva il post su Facebook del leader del M5s. «Alle prossime elezioni politiche non troverete, tra i candidati del M5s, chi ha già svolto due mandati», scrive Conte. Che ringrazia gli esclusi: «Lasciando il seggio non potranno più fregiarsi del titolo formale di onorevoli. Ma per noi, per la parte sana del Paese, saranno più che onorevoli. Stanno dicendo che per fare politica non serve necessariamente una poltrona». Conte promette: «Il loro patrimonio di conoscenze ed esperienze non andrà disperso». Girano diverse ipotesi. Dalle docenze nella scuola di formazione del M5s a consulenze retribuite per i gruppi parlamentari, considerato che le casse del partito languono. Conte chiama gli esclusi, quasi tutti furibondi, si giustifica: «Ho fatto il possibile ma Grillo è stato irremovibile». L'avvocato propone loro di insegnare nella scuola di formazione del M5s, ma quelli si chiedono quanto verranno pagati. Conte per una volta si discosta anche dalla linea del direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, che il 24 luglio scorso in un editoriale dal titolo «Non c'è il 2 senza il 3», aveva aperto alle deroghe per i volti più riconoscibili del M5s.
Circolano anche letture alternative su chi sia il vero vincitore della partita. Una fonte di primo livello spiega: «Conte ha illuso i big e ha usato Grillo, a lui conviene fare piazza pulita ma ci ha messo la faccia Beppe». Un altro passo verso il «partito di Conte». L'avvocato si prepara a pescare a piene mani dalla società civile. Tra «avvocati dello Studio Alpa», come suggeriscono i maligni, professori e imprenditori. Mentre l'ex capogruppo Davide Crippa registra il simbolo di un nuovo think tank e corteggia il Pd. Dopo Crippa è stato scelto Francesco Silvestri come nuovo presidente dei deputati. Alle spalle dei neo contiani in doppiopetto scalpitano Alessandro Di Battista e Virginia Raggi. L'ex sindaca e l'ex deputato sono le due pedine di Grillo nella nuova guerra interna al M5s. Dopo il voto, il fondatore vorrebbe affidare a loro le chiavi della sua creatura.
La nuova sfida per il potere grillino si gioca fuori dall'attuale Parlamento.
Gli uscenti puntano ai collegi sicuri, ma la regola autoimposta delle candidature nei territori d'origine penalizzerà altri fedelissimi dell'ex premier come Stefano Patuanelli in Friuli-Venezia Giulia e Riccardo Ricciardi in Toscana, regioni difficili per il M5s. Trema anche chi è al primo mandato.
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