Schiaffo di Marchini a Renzi: Marino l'ho tolto di mezzo io

Il premier: "L'imprenditore non è in partita". La replica: "Non è riuscito neppure a mandare a casa il sindaco"

Il candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini
Il candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini

«Del candidato per Roma cominceremo a ragionare dopo Natale». Con i suoi Matteo Renzi usa la tattica del muro di gomma, respingendo le sollecitazioni ansiose di chi vuole iniziare a definire il quadro delle prossime amministrative, soprattutto nella Capitale. Ma il premier respinge gli assalti, e ieri ospite d'onore alla presentazione di Bruno Vespa, ha parato anche le domande del conduttore di Porta a porta: «Nessuna persona normale può pensare che in un momento come questo la priorità sia aprire una discussione sulle Comunali». Vespa prova a incalzarlo sull'unico candidato al momento in campo, e fuori dagli schieramenti: «Quindi niente corte ad Alfio Marchini?». Renzi prova a schivare: «Marchini non mi sembra una donna, quindi la domanda è fuori tema. Non è in partita». A stretto giro di posta arriva la replica piccata dell'aspirante sindaco di Roma: «Non so bene a quale partita Renzi si riferisca. A noi interessa solo quella per decidere il futuro di Roma e di questo riparleremo a urne chiuse», dice. Poi ne approfitta per ricordare perfidamente al segretario del Pd che dal pasticcio su Ignazio Marino il suo partito è uscito per il rotto dalla cuffia chiedendo aiuto proprio a lui: «Nel frattempo gli ricordo che senza di noi non sarebbe stato capace neanche di far dimettere il proprio sindaco. Auguri».Il battibecco non cambia comunque le carte in tavola, visto che il premier non ha finora mai preso in considerazione l'idea che pure in diversi gli hanno suggerito di evitare il rischio di un bagno di sangue nella Capitale convergendo sulla candidatura «super partes» di Alfio Marchini: «L'ipotesi Marchini non c'è, a Roma non possiamo rinunciare a partecipare come Pd», è il suo ragionamento. Con chi partecipare, però, è ancora tutto da vedere, anche se il nome che continua a circolare con maggiore insistenza dalle parti renziane è quello del vicepresidente della Camera, l'ex radicale Roberto Giachetti. Per la scelta ufficiale, però, occorrerà aspettare: «Ne parliamo dopo Natale», è il refrain del premier. «Al momento non c'è nessun candidato alle amministrative. Le primarie sono a marzo, le amministrative a giugno: ci sarà tempo». L'unica partita che il premier sta gestendo personalmente è quella di Milano, ma nel partito c'è grande apprensione per quel che può succedere nelle altre città.«Il rischio vero è di andare al ballottaggio in tutte le piazze principali, incluse Torino o Bologna. E al secondo turno i nostri candidati rischiano moltissimo contro l'ondata grillina», dice un esponente della minoranza, «e per rispondere a quell'offensiva tutti i nostri candidati punteranno su liste civiche col loro nome, drenando consensi ed eletti al Pd». Pier Luigi Bersani si mostra meno pessimista, almeno su Bologna, dove i renziani dubitano del sindaco uscente: «Se non vengono fatti pasticci da Roma credo che la ricandidatura di Merola sia inevitabile e che, almeno lì, si possa andare al voto con un certo ottimismo». In attesa di sciogliere l'aggrovigliato nodo delle candidature, Renzi si toglie la soddisfazione di replicare a Romano Prodi, che ancora ieri accusava il governo di non averlo mandato in Libia a portare la pace tra le tribù.

«Ha scelto il segretario Onu dice con soave perfidia il premier secondo una linea di condotta abituale: non si scelgono esponenti di Paesi con un passato coloniale in loco, e tantomeno con una consuetudine con i regimi precedenti». Come dire che difficilmente un amico di Gheddafi avrebbe potuto fare il mediatore in Libia.

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