Anche gli dei (autoproclamati) cadono. Non stiamo parlando solo di leader politici ma pure dei loro partiti. Progressisti, naturalmente. Una totale débâcle nel 2017. È vero che c'è un'ondata populista e la crescita, ormai in ogni Paese europeo, dei partiti di estrema destra, ma è altrettanto vero che a uscire con le ossa rotte da tutte le elezioni è sempre la sinistra.
Il recente risultato elettorale in Germania è stato solo l'ultima conferma. I socialdemocratici (Spd) sono crollati al 20,5 per cento, il peggior risultato della loro storia (che fino ad ora era il 23 per cento ottenuto nel 2009). «Una pesante sconfitta ha ammesso il leader Martin Schulz - Andremo all'opposizione. Gli elettori si sono pronunciati in modo chiaro, non vogliono una nuova Grosse Koalition». Ha ragione, ma soprattutto non vogliono la sinistra al governo. Angela Merkel rimane cancelliera, incaricata di trovare una nuova coalizione di governo, ma la sua Unione Cdu-Csu ha registrato comunque il peggior risultato dal 1949. A essere premiata è l'estrema destra, che in Germania, come nel resto d'Europa, ha gioco facile contro i governi che si ostinano a spalancare le porte all'immigrazione.
Anche la Gran Bretagna, che è andata alle urne nel giugno scorso, non ha premiato la sinistra, confermando al governo il partito conservatore di Theresa May. I laburisti di Jeremy Corbyn sono rimasti al palo: speravano che puntando tutto sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea sarebbero tornati a galla.
Un discorso a parte lo merita la Francia, dove per la prima volta nella Quinta Repubblica un presidente uscente (il socialista François Hollande) ha rinunciato a candidarsi per un secondo mandato. Non perché era stufo della politica ma a causa del basso indice di gradimento (alcuni sondaggi lo davano al quarto posto dietro Marine Le Pen, Emmanuel Macron e François Fillon). D'altronde il suo governo si è distinto per l'approssimazione, dal gestire l'emergenza terrorismo alla politica fiscale, fino alla riforma del lavoro che ha scatenato violente proteste. Il risultato? Un crollo senza precedenti della popolarità, che si è ripercosso anche nel risultato elettorale per l'Eliseo. Il Partito socialista è stato spazzato via dalle urne con un risultato ai minimi storici: 6,3 per cento. I socialisti sono passati in cinque anni dalla presidenza della Repubblica alla quasi scomparsa sul territorio (hanno preso poco più di 2 milioni di voti).
Ma è stato un anno nero un po' ovunque per la sinistra. Anche in Olanda, i cui elettori sono andati alle urne in marzo, ha vinto il centrodestra di Mark Rutte (liberal conservatore, che ha improntato una campagna per erodere voti al Partito della Libertà di Geert Wilders, che aveva risvegliato la politica con la sua lotta all'immigrazione, soprattutto islamica). A farne le spese, però è stata anche qui la sinistra. Il mastodontico Partito del lavoro (socialdemocratici) è crollato dal 24,8 al 5,7 per cento, perdendo 29 seggi in Parlamento.
Chiudiamo con la Spagna, che ha votato nel 2106 ma, di fatto, ha aperto la strada alle sconfitte delle sinistre europee. Il Partito socialista è rimasto inchiodato poco sopra il 22 per cento, battuto dal Partito Popolare di Mariano Rajoy. Finiti i tempi gloriosi di Zapatero.
Insomma, in tutta Europa
soffia un vento di centrodestra, ma non si può dire certo che trionfi. I partiti nazionalisti e di estrema destra, infatti, stanno crescendo. Ma la vera novità è che i partiti tradizionali di sinistra si stanno consumando.
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