Coronavirus

Scienziati (ancora) divisi sulla scuola: "Diffonde i contagi", "No, non c'entra"

La comunità di esperti si divide sull'impatto del ritorno in classe. In Italia 900 istituti con almeno un positivo e 124 chiusi

Scienziati (ancora) divisi sulla scuola: "Diffonde i contagi", "No, non c'entra"

Sono ormai oltre 900 le scuole in cui si è verificato almeno un caso di coronavirus dall'inizio dell'anno. La maggior parte ha isolato i casi, senza dover chiudere l'intero istituto. Sono tante? Quanto pesa il rientro a scuola sull'impennata dei contagi? Domande che corrono sicuramente più del virus e non solo tra i corridoi blindati delle scuole dove non esistono più intervalli di chiacchiere, dove si entra scaglionati e mascherati e magari anche con due maglioni per reggere il freddo della finestra aperta che deve arieggiare l'aula. Regole ferree dietro ai banchi. Ma i contagi crescono. Anche tra gli studenti. I numeri che emergono dalla mappa messa a punto da un ricercatore e da uno studente universitario, Vittorio Nicoletta e Lorenzo Ruffino hanno registrato, ieri, 917 casi. Giovedì erano 825. E se fino al 14 settembre erano solo 18 i casi di positività negli edifici scolastici, tra il 14 e il 24 settembre sono diventati 438, dal 24 settembre se ne sono aggiunti 416.

Secondo i dati raccolti, c'è stata una media di 61 casi di contagio al giorno, soprattutto nelle scuole superiori (32,2%) e soprattutto tra gli studenti (gli insegnanti che sono risultati positivi al coronavirus sono solo l'11,2 per cento). «Sull'aumento dei casi positivi in questo momento non ha pesato la riapertura delle scuola, se ci sarà un dato lo vedremo tra una settimana-10 giorni», ha messo le mani avanti ieri Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell'Organizzazione mondiale della sanità, ospite di «Agorà» su Rai3, commentando l'impennata di contagi in Italia, arrivati a oltre 2.500. Ma è di ieri anche il titolo del Corriere della Sera che virgoletta le parole di Fabio Ciciliano, dirigente della Protezione Civile e membro del Cts: «È anche l'effetto scuola», «con scuole aperte e trasporti a regime il virus circola di più», spiega Ciciliano che punta il dito non tanto su quello che «avviene all'interno delle scuole dove vengono rispettate le regole» ma contro «il movimento quotidiano di circa 12 milioni di persone». Anche Franco Locatelli fa parte del Cts, ma è convinto che «la scuola non stia ancora impattando sul numero dei contagi». «Gran parte di questi contagi avviene a livello intrafamiliare», spiega anche Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto Superiore di Sanità che aggiunge: «Devo dire che la scuola sta rapidamente identificando le persone con sintomi e questo è ovviamente un buon segnale per la capacità di tracciare i casi». La scuola resta sorvegliata speciale. E non solo quando suona la campanella. Su Facebook il ministro Azzolina ha fatto un appello ai ragazzi sull'importanza delle regole «soprattutto fuori da scuola. Perché è lì che stanno aumentando i contagi». Il ministro riporta tra le altre le dichiarazioni di Walter Ricciardi, docente di Igiene all'Università Cattolica di Roma e consigliere del ministro della Salute («le scuole non sono ancora motore di circolazione del virus»). «Cerchiamo quindi di non fare allarmismo - invita Azzolina - nei confronti della scuola.

Altrimenti non rivolgeremo la giusta attenzione al reale obiettivo, ovvero il rispetto delle misure di sicurezza durante le attività extrascolastiche e, in particolare, di svago».

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