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La scommessa vinta di Brunetta instancabile samurai del «No»

Il capogruppo azzurro sceso in campo prima di tutti si gode il trionfo. E rivendica di averci azzeccato

La scommessa vinta di Brunetta instancabile samurai del «No»

Milano - È stata la sua nottata, la notte della vendetta per la Piccola vedetta veneta. Appena scoccata l'ora degli exit poll Renato Brunetta ha abbandonato la postazione di guardia, e da sentinella che tiene le posizioni si è riappropriato del ruolo che preferisce, quello del corazziere votato al combattimento in campo aperto. Poco prima della mezzanotte Cenerentola Brunetta non ha perso la scarpina ma l'ha ritrovata, un anfibio chiodato con cui ha ricominciato a distribuire calcioni di qua e di là per prendersi tutte le rivincite che aveva rimandato durante la campagna elettorale.

Contro tutto e contro quasi tutti, Brunetta era sceso in campo da subito senza remore per il No. E quindi è comprensibile che sia stato lui il primo a fiondarsi davanti alle telecamere di Rai, Sky e La7. Gli va riconosciuto che quella di domenica è una vittoria sua. La macchina di Forza Italia si è messa in moto più lentamente, qualche incertezza alimentava dubbi malevoli nell'atteggiamento che gli azzurri avrebbero avuto verso il referendum. Venivano fatte circolare voci - molto interessate quanto infondate - sulla tiepidezza dello stesso Silvio Berlusconi. E c'è voluto un po' prima che Stefano Parisi, l'uomo nuovo del movimento, il volto azzurro più appariscente da settembre in poi per il mandato ricevuto dal Cavaliere di rivitalizzare il partito, dicesse chiaramente che anche lui era per il No.

È stato anche bersagliato dal fuoco amico di Vittorio Feltri dalle colonne di Libero. «Fallito». «Mi fai pena». «Sei disperato». «Spanna montata». «Macchietta tragica». Uno scambio di epiteti politicamente molto scorretto che il presidente dei deputati berlusconiani ha alimentato senza sottrarsi. Il pugile azzurro ha sempre cercato il corpo a corpo, il confronto duro, serrato, da provocatore, quello in cui non sono esclusi i colpi bassi quando le argomentazioni non bastano più.

Si è attirato anche i sospetti di essere stato un lottatore mascherato, e quindi antisportivo, quando si è saputo che la moglie Titti lanciava tweet per il No nascondendosi dietro uno pseudonimo che lasciava intendere fosse una militante grillina. Lo scoop, guarda caso, è stato di Libero. È lui o non è lui? In un caso è la prova di un'irrefrenabile vis polemica che trova tutte le strade per manifestarsi, nell'altro dimostra una capacità di contagio che non tutti hanno nel suo partito. Con tanti saluti al fair play, che il samurai di Venezia non ha mai praticato con assiduità.

A differenza di Parisi e Feltri, Brunetta non ha avuto dubbi o tentennamenti. Il No è stato l'unico suo avverbio e in campagna elettorale è andato dritto sul bersaglio. «Renzi dice che se perde il referendum si dimetterà? Accontentiamolo, facilitiamogli il compito». Il presidente del consiglio «è un baro, un bugiardo, alla canna del gas, imbroglione, demagogo»: il professore veneziano ha menato fendenti senza risparmio.

Nella nottata dei risultati è riuscito a fare arrabbiare a distanza Fabrizio Rondolino, lui in conferenza stampa a Montecitorio e l'ex «spin doctor» di Massimo D'Alema sul

Tg3 a dargli del «poveraccio», «disgraziato», «ridicolo». Ieri ha rivendicato di essere stato tra i pochi a prevedere il 60 per cento di contrari alla riforma. Complimenti: il samurai del No ci ha preso anche nei numeri.

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