«In politica una settimana è una eternità», amava dire il premier inglese Harold Wilson. E in effetti sono passati pochi giorni dai ballottaggi e la macchina da guerra della sinistra ha dimostrato di non essere un'Invincibile Armada, tutt'altro. E il centrodestra, da molti dipinto come moribondo, diviso e destinato a sfrangersi ancor più, con il voto sulla «tagliola» alla Legge Zan ha invece manifestato una compattezza invidiabile. Tanto più che il tema era spinoso e avrebbe potuto portare a più di un ripensamento individuale di questo o di quel senatore. Segno che la divisione tra un centrodestra di governo e uno di opposizione viene meno quando si tratta di valori da difendere: in questo caso la libertà di parola e di espressione, e quella di educazione dei figli, entrambe messe in pericolo da diverse norme del decreto Zan. Con il voto del 27 ottobre il centrodestra ha dimostrato davvero di essere la Casa delle libertà, come si chiamava un tempo. Ebbene, questa compattezza granitica è un valore da perseverare gelosamente per tutte le tenzoni future, e non solo quelle parlamentari. La prima importante in ordine di tempo è la madre di tutte le battaglie: quella per il Quirinale. Si crede di solito che essa sia diventata fondamentale perché, nella Seconda Repubblica, il ruolo del presidente è grandemente aumentato. Ma anche nella Prima non è che fosse trascurabile; e infatti i partiti di governo, pur in un sistema proporzionale, cercavano il più possibile di sostenere lo stesso candidato dopo le prime votazioni. Per una coalizione come il centrodestra che, pochi mesi dopo il voto per il Quirinale, si presenterà unita alle politiche, uno sciogliete le righe sull'elezione del presidente avrebbe effetti tellurici, che ne metterebbero a rischio la stessa temuta formale. Oltre al fatto che il popolo di centrodestra, per molti aspetti più coeso dei suoi stessi rappresentanti, non capirebbe, alimentando il rischio di ulteriori e più gravi astensioni. La compattezza dovrebbe indirizzarsi verso l'elezione di Berlusconi, coinvolgendo altri gruppi parlamentari. Le chance del Cavaliere non sono scarse: occorre crederci, magari con maggiore determinazione. Sarebbe un'occasione di pacificazione e al tempo stesso di svolta per l'Italia.
In ogni caso, per la prima volta dacché il centrodestra esiste, il Parlamento non può eleggere un presidente senza i suoi voti. Sarà quindi determinante: ma solo e soltanto finché resterà una medesima falange. Non va sprecata un'occasione cosi.
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