Sorge il dubbio che non sia solo il nostro sistema imprenditoriale a farsi del male da solo, con scelte spesso miopi e di basso profilo. No, anche il circuito della giustizia contribuisce ad affondare il Paese con sentenze incomprensibili: in pratica in corte d'assise, perché in appello come vedremo le cose sono cambiate, la dirigenza della Thyssen è stato fucilata, con la multinazionale nei panni ottocenteschi e dickensiani del bieco padrone delle ferriere che manda a morire i poveri operai senza voce. Tanto da configurare l'omicidio volontario come capita quando si uccide sparando alla vittima. A Prato invece si vola bassi anche se la realtà di quel lembo di Toscana non è certo un modello di integrazione. L'antica e florida economia tessile della città, come ha raccontato Edoardo Nesi, è stata strangolata dalla concorrenza sleale che utilizza quasi sempre manodopera a bassissimo costo, senza protezione sindacale, con turni massacranti in capannoni formato lager. Edifici, chiamiamoli così, sprovvisti dei minimi requisiti di sicurezza e in un contesto igienico-sanitario disastroso. Due pesi e due misure: la mano meno pesante con chi ha vampirizzato una storia industriale, violando tutte o quasi le regole minime. Qualcosa non quadra, anche se, va detto, un secondo troncone d'indagine punta a snidare complicità italiane. Ed è singolare, per non dire altro, che il gup di Prato abbia riconosciuto un risarcimento di 100mila euro a ciascun sindacato e solo 25mila a un sopravvissuto. Qualcosa stride, come ha notato Dario Di Vico sul Corriere della sera , perché i sindacati hanno chiuso un occhio e pure l'altro davanti allo scempio compiuto in Toscana.
Vedremo l'appello. A Torino il secondo grado ha ridimensionato l'impostazione data dal procuratore Raffaele Guariniello, ha ridefinito il capo d'imputazione, eliminando il difficilmente sostenibile omicidio volontario e sostituendolo con l'omicidio colposo, un crimine, sia chiaro, comunque gravissimo, ha abbassato le pene. Non siamo sullo stesso piano di Prato, ma ci siamo avvicinati e la cassazione, che ha imposto un ulteriore passaggio in appello, ha confermato questa linea di condotta. Speriamo che in Toscana non vinca una sorta di buonismo capace di diluire le pene fino ad annacquarle.
I morti dai cognomi impronunciabili dovrebbero avere la stessa dignità di quelli tricolori. E anzi chi ha dribblato sistematicamente le norme della civile convivenza, attentando al made in Italy , dovrebbe essere fermato se non prima almeno alla dogana del codice penale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.