"Dobbiamo arrivare a una pace giusta e duratura per l'Ucraina. Il piano in 28 punti proposto la settimana scorsa dagli Usa e dalla Russia era qualcosa di molto lontano", riflette con Il Giornale il ministro degli Esteri della Finlandia, Elina Valtonen, in visita a Roma. "È cruciale che nei negoziati siano coinvolti i Paesi europei. Tutto questo riguarda anche noi. La pace è importante, ma lo sono anche le condizioni su cui viene costruita".
Al termine del G20 il presidente finlandese Stubb ha detto di avere avuto una telefonata con Trump insieme alla premier Meloni. Cosa si sono detti?
"Non entro nei dettagli, ma è stata molto costruttiva. So che il presidente Trump apprezza sia Giorgia Meloni che il nostro presidente. Insieme sono riusciti a trasmettergli la posizione europea".
Anche in questi giorni Putin ha continuato a bombardare Kiev. Se non accetta il piano modificato dall'Europa, cosa accadrà?
"Abbiamo avuto anche questa settimana dei bambini tra le vittime negli orribili attacchi di Putin. Se non raggiungeremo un accordo continueremo a sostenere l'Ucraina. E speriamo di poter utilizzare al più presto gli asset russi congelati, sarebbero decisivi per la difesa di Kiev. Dobbiamo insistere nell'indebolire la macchina da guerra russa con le sanzioni. In questi tre anni abbiamo reso la Russia meno forte, la sua economia non cresce, l'inflazione è molto alta. Non possono andare avanti così per sempre e lo sanno".
Sono passati due anni dall'ingresso della Finlandia nella Nato. Quanto è forte la minaccia russa ai vostri confini?
"Abbiamo sempre saputo che la Russia potesse rappresentare una minaccia: se non contro di noi, contro i vicini Stati baltici. Non potevamo stare a guardare. Siamo entrati nella Nato non solo per la nostra sicurezza, ma per mettere le nostre capacità al servizio del mondo libero. Tutti speravamo che la Russia diventasse una vera democrazia dopo il crollo dell'Urss, ma è successo il contrario. I finlandesi sanno che cosa c'è dall'altra parte del confine, ed è l'opposto dei valori democratici e del rispetto dei diritti umani. Sappiamo che Mosca capisce solo il linguaggio della forza, anche per questo abbiamo sempre investito nella deterrenza e non abbiamo mai abbandonato il nostro esercito, che oggi è uno dei più forti d'Europa. Abbiamo la leva obbligatoria".
C'è una percezione diversa del pericolo in Paesi come l'Italia perché geograficamente più distanti da Mosca?
"Sì, e si vede anche dal fatto che i Paesi nordici sono i maggiori fornitori di aiuti all'Ucraina in proporzione al Pil. I nostri cittadini sanno che questa è anche una guerra di valori. Gli ucraini sono stati sotto l'oppressione sovietica per decenni, sono una democrazia pienamente funzionante da poco tempo. È per questo che ci sono problemi di corruzione. Eppure in alcuni Paesi europei c'è l'idea che basterebbe trovare un accordo di pace per tornare alla normalità e ricominciare a comprare petrolio e gas dalla Russia. Ma così Mosca ricostruirebbe la sua macchina militare. E lo farà soprattutto se uscirà questa guerra senza la responsabilità per i crimini orribili che ha commesso. Sarebbe un disastro per l'Europa e per il resto del mondo".
Ritiene sufficiente, come garanzia di sicurezza per l'Ucraina, il modello dell'articolo 5 della Nato proposto dalla premier Meloni?
"Credo che quella proposta abbia dato una forte spinta.
Ma non essendo l'Ucraina membro della Nato manca tutta quella parte di programmazione e di organizzazione necessaria per mettere in pratica tale difesa. Ci vuole molta prudenza. L'Ucraina ha bisogno di forti garanzie ed è essenziale il coinvolgimento degli Stati Uniti".