Se ora anche Vecchioni canta le lodi alla destra

Non ci sono più i cantautori di una volta

Se ora anche Vecchioni canta le lodi alla destra

Ma dai, pure Vecchioni ora passa da Samarcanda alla Meloni. Non ci sono più i cantautori di una volta, duri e puri, mai una parola fuori posto e, soprattutto, fuori linea. In fondo, oggi non hanno più una linea e quindi liberi tutti. Dunque a Un giorno da pecora , programma cult di Radiodue che sta diventando la terza camera radiofonica della nostra politica, ha detto papale papale: «È una delle tre o quattro politiche che mi piace di più, dice sempre quello che deve dire e lo dice in maniera attenta, non si bea, non si interessa di questioni di sinistra o di destra». Oddio, per l'osservatore poco attento già questa è una novità: un cantautore della vecchia guardia che elogia chi non distingue tra destra e sinistra sembra un tacchino felice che arrivi il Natale.

Però Vecchioni, diciamolo, da un bel po' è anarchico assai, ha detto cose persino vagamente, timidamente, qualunquemente di centrodestra ma non fino al punto di sdoganare senza se e senza ma una ex missina. C'è da capirlo, i tempi sono questi, certi argomenti si affrontano più con il buon senso che con la casacca ideologica e la mannaia del pubblico talebano è meno crudele di una volta o forse semplicemente più distratta. Pensate se trenta o quarant'anni fa Vecchioni avesse detto le stesse cose di, tanto per citare a caso, Almirante. Apriti cielo.

Anzi apriti bottiglia, e qualcuno senza dubbio l'avrebbe tirata molotov a qualche suo concerto. «La Meloni è più a sinistra di Renzi. La sinistra è popolo, è gente, arriva prima delle banche e dei ricchi». E anche su questo ci sarebbe da obiettare, se non altro perché Vecchioni non risulta nullatenente e, coram populo, risulta essere di sinistra da quel dì. In ogni caso, segue Giorgia Meloni sempre «ogni volta che c'è un dibattito, perché mi rappresento nelle cose che dice». Il bandolero stanco parla come un fratello d'Italia.

Boom.

Forse è caduto definitivamente il Muro. Sembra una tendenza ed è strano perché la musica popolare è sempre arrivata prima di tutto il resto, ha sempre annusato «l'odore del popolo» prima di sociologi, economisti e compagnia cantante. Se ora li segue, è forse un segno non bello dei tempi. Però non c'è un però: i cantautori e i grandi artisti in Italia solitamente ben attenti a non intercettare neanche per caso i temi del centrodestra politico, ora se ne fregano. Lo ha fatto De Gregori, in passato. Guccini qui e là. Lucio Dalla buonanima non aveva mai avuto imbarazzi perché era il meno imbrigliabile di tutti. E pure Adriano Celentano non s'è fatto mancare l'endorsement dopo la donna uccisa e gli otto passanti asfaltati a Roma da un'auto rom impazzita. Su Facebook ha scritto che sta «cominciando a pensare a Salvini» e potete immaginare il fremito indignato di tanta vecchia intellighenzia politicamente ultra corretta.

Insomma ora Vecchioni, parlando ai microfoni dell'«anziano» Sabelli Fioretti e del «simpatico» Lauro a Un giorno da pecora , ha completato il cerchio, confermando che forse, su certi temi, la sua generazione ha proprio perso.

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