Vorrei sapere che conquista sociale ci sia nell'abolire dai certificati d'identità il nome del padre e della madre sostituendolo con genitore 1 e 2. Vorrei sapere quale libertà si raggiunge in quell'abolizione che testimonia la realtà più ovvia e naturale: si nasce figli di un padre e di una madre. Poi ci sono le eccezioni create da un'ingegneria genetica che qualche volta porta dei vantaggi alla vita, altre volte no. Ma sono, appunto, eccezioni, e come tali debbono essere considerate: a voler essere capziosi, si potrebbe, anche nei casi più estremi e controversi, indicare comunque il nome del padre e della madre del nato. E, continuando a essere pignoli, perché dover indicare quale sia il genitore 1 e quale il 2, tralasciando la parola «genitrice» a favore del genere maschile?
Di questo passo si oltrepassa il grottesco e si arriva a una dolente visione della nostra cultura laicista. In quell'eliminazione della parola padre e madre non c'è nessuna conquista sociale o nuova libertà raggiunta, ma la dimostrazione di una vera incapacità di riflessione etica del pensiero laico contemporaneo. Chi oggi ancora s'interroga sui problemi etici della nostra esistenza è la religione: per quanto ci riguarda la tradizione religiosa ebraico-cristiana. Al di fuori da qui c'è un deserto nichilista, vissuto con cinico menefreghismo culturale che si protegge offendendo la visione etica di chi ha fede religiosa, giudicando con superbia coloro che all'interno di un mondo di fede cercano di capire il significato della modernità.
Il pensiero laico vive in un vuoto etico, e ne ha una profonda paura, preferendo discutere di idiozie, come genitore 1 e 2 in sostituzione di padre e madre per evitare una autentica riflessione etica sul significato della vita e della morte di fronte agli sviluppi della scienza.
Due secoli d'Illuminismo hanno portato la laicità a questo nichilismo, vera malattia spirituale del nostro tempo. Cosa rimane oggi di quel pensiero illuminista che ha dato origine a una profonda rivoluzione culturale nella modernità? Solo arroganza che dileggia il sentimento religioso.
Chiunque ha il diritto di vivere scegliendo strategie per la propria organizzazione civile quotidiana che ritiene consone alla sua sensibilità: ma queste scelte soggettive come possono rappresentare una visione etica dello sviluppo sociale? Vanno tutelate, certamente, ma poi mi si dica: quale eticità c'è in quell'abolizione della figura del padre e della madre? Non c'è nessuna riflessione etica, ma soltanto violenza e paura. Violenza contro chi ha una diversa concezione del mondo, giudicato come un oscurantista, un reazionario, un miserabile incolto; paura di sviluppare con coerenza una riflessione etica sull'ingegneria genetica, dall'utero in affitto al finis vitae, ad ogni altra forma di manipolazione dell'esistenza prima ancora della nascita dell'essere vivente.
A questi problemi si risponde mettendo in scena una pantomima che offende chi s'impegna a riflettere sul significato etico di tali problemi scientifici, e la pochezza culturale di molta politica cosiddetta progressista sale sul carro di quella pantomima, supponendo di affrontare una battaglia decisiva per la liberazione dell'Italia dalla morsa di ottusi oscurantisti, la cui fede religiosa rappresenta una minaccia per le
sorti della nostra società. Ovvia la scemenza di questa aggressività politica di chi si auto celebra progressista e libertario: un'ovvietà che, però, cerca di nascondere la miseria culturale dell'etica laica dei nostri tempi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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