Sei tu che preferisci la guerra ai baci

La tua gelosia mi lusinga e mi uccide. Non vi vedo da mesi, generale Bonaparte. Appena due giorni dopo le nozze, siete partito alla volta dell'Italia; da allora non ricevo che lettere, carta e inchiostro e parole che non somigliano ai baci e alle carezze che mi avete promesso. Le tue missive mi aggiornano sul numero di uccisi e feriti nelle singole battaglie di una campagna militare che spero si concluda al più presto. Tengo nascosto sul petto il biglietto in cui mi scrivi «Un bacio più in basso, più in basso del tuo cuore», non me ne voglio staccare. M'illudo di poter sentire così l'alito delle tue labbra che si fondono con le mie, le nostre carni che si uniscono in un sol fremito. Ma il calore che mi avvolge si raggela in un attimo quando mi guardo attorno e tu non ci sei.

Tu non ci sei mai. Eppure, se volessi, troveresti il modo di incontrarmi. Non posso credere che al generale Bonaparte non riesca l'umile impresa di abbracciare la sua amata. Non ti scrivo quanto vorresti? Non mi sono mai atteggiata a scriba esperta. La penna e il calamaio li pratico poco, le arti in cui eccello sono altre, ammesso che tu ne abbia ancora memoria. I «nuovi amanti» che mi occuperebbero il tempo esistono soltanto nella tua fantasia. Diverse ore della giornata le dedico al giardinaggio e ai fiori, il mio gioiello prediletto. Ho scoperto una nuova specie di rosa che vorrei farmi spedire direttamente dall'America. Allieto qualche serata con gli amici, gli stessi che tu conosci e che vegliano su di me in tua assenza. I tuoi sospetti mi pungono l'anima come spine d'acciaio. Se pure io dessi ascolto ai maldicenti che mi raccontano delle tue scappatelle e di quella donnaccia ribattezzata la tua «Cleopatra», smetterei di vivere. Invece mi rifiuto di credere alla tua infedeltà. La tua devota moglie non intende soffrire ancora. Sai bene che la vita mi ha dispensato più schiaffi che carezze. Ho perso un marito sotto la ghigliottina di Robespierre, ho patito il carcere giacobino e ho sfiorato io stessa la forca. Alla fine però ho strappato la vita alla morte. E sono qui assetata di vita. Quando di notte ti cerco e tu non ci sei, il desiderio di te s'impossessa delle mie membra e divento una tarantola impazzita. A leccarmi la mano c'è solo Fortuna, il carlino al quale vieti di salire sul letto. In tua assenza, lo confesso, Fortuna riposa accoccolata ai miei piedi.

Tieni a freno la disapprovazione, mio adorato marito, perché nella tua infinita assenza le mie imperfezioni sono la misura del dolore che mi porto dentro. Ho appreso che non avresti gradito il mio acquisto di trentotto cappelli lo scorso mese.

Non voglio credere che nella tormentata assenza che m'impone il mio devoto marito trovi lo spazio per discettare dei miei presunti eccessi. Sarebbe un'umiliazione fatale. Quando tornerai, sarò qui ad aspettarti fremente di desiderio per te soltanto. Ma torna presto, l'attesa mi uccide. E io non intendo morire.

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