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Il Senato approva la riforma del Csm. Astenuti Italia Viva e cinque senatori leghisti

Dopo le tensioni dei giorni scorsi il Senato dà il via libera alla riforma del Csm. Si astengono Italia Viva e cinque senatori leghisti, tra cui il presidente della commissione Giustizia. Lo sfogo di Renzi: "Testo più inutile che dannoso"

Il Senato approva la riforma del Csm. Astenuti Italia Viva e cinque senatori leghisti

Con 173 voti favorevoli, 37 contrari e 16 astenuti il Senato ha approvato la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. "L'approvazione di questa legge, terzo grande pilastro delle riforme per rinsaldare la fiducia dei cittadini nell'amministrazione della giustizia, consentirà che l'imminente rinnovo del Csm si svolga con nuove regole", ha detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che stamattina è intervenuta a Palazzo Madama. Cambiamenti che, ha detto la Guardasigilli, consentiranno al Consiglio Superiore della Magistratura di "svolgere appieno la sua funzione propria, quella di valorizzare le alte professionalità su cui la magistratura può contare".

L’esito non era scontato. Mercoledì la ministra aveva chiesto durante un vertice di maggioranza al Senato il ritiro degli emendamenti presentati soprattutto da Lega e Italia Viva, incassando un secco no. Gli emendamenti erano stati poi bocciati in commissione e a creare malumori tra i partiti che sostengono il governo era stata anche la richiesta del Carroccio di un voto segreto su una proposta di modifica analoga al quesito referendario sulla custodia cautelare. Anche questo, però, non è stato approvato. Il percorso del Ddl, ha ammesso quindi la Cartabia, è stato frutto di "un lungo lavoro, a tratti non semplice, ma reso possibile dall'impegno di molti". La ministra ha parlato di "intenso confronto tra tutte le forze politiche di maggioranza per giungere a un articolato ampiamente condiviso in cui ciascuna forza politica può riconoscere il suo apporto", ringraziando anche il ministro dei rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà "che si è speso moltissimo per permettere di giungere a questa votazione finale".

A votare sì sono stati Pd, Movimento 5 Stelle, Leu, Forza Italia. Anche la Lega ha dato il suo placet, ma con cinque defezioni: quelle dei senatori Bagnai, Calderoli, Doria, Pillon e Ostellari, il presidente della commissione Giustizia, che fino all'ultimo ha insistito sulla necessità di arrivare ad un testo maggiormente condiviso facendo appello al dialogo. A bocciare il provvedimento, invece, le forze di opposizione, in primis Fratelli d’Italia. Italia Viva ha scelto di astenersi, come ha spiegato in aula Matteo Renzi. "Noi non voteremo la sua riforma. – ha detto rivolgendosi alla ministra Cartabia - Una riforma serve, la sua serve meno di quello che speravamo. Non tocca i problemi, non tocca per esempio la responsabilità dei magistrati e lascia l'amaro in bocca per come è arrivata a maturare".

Quello approvato oggi a Palazzo Madama è un testo che, secondo l’ex premier, "non fa danno", ma allo stesso modo ha la pecca di essere "più inutile che dannoso". Poi, lo sfogo rivolto alla Guardasigilli: "Quando delle espressioni di correnti organizzate parlano di cordone sanitario contro avversari politici, indipendentemente dalla discussione dei reati, il silenzio delle istituzioni è grave". "Facendo passare il messaggio che la vicenda Palamara si possa chiudere con un capro espiatorio –ha sottolineato Renzi - è la negazione della giustizia. Quelle modalità con cui il Csm e il dottor Palamara hanno agito sono le stesse con cui si continua ad agire, in un rapporto costante tra politica e magistratura". "Non possiamo – conclude - continuare a prenderci in giro su questi temi".

"Manca qualcosa all'appello in questa riforma: noi votiamo a favore di questi ritocchi, ma all'appello manca una riforma costituzionale. C'erano i tempi per farlo, ci avrebbe permesso di dire non solo chi va al Csm, ma chi è meritevole di andare al Csm. Lei, signor ministro, sarebbe passata alla storia convocando un tavolo costituzionale", ha ribadito anche Giulia Bongiorno, della Lega, parlando di "occasione mancata". "Noi non ci crediamo piu - ha aggiunto - che improvvisamente la magistratura si autoriformerà. Noi crediamo che una riforma efficace sia dovere del legislatore".

Il senatore azzurro Giacomo Caliendo ha sottolineato come sia mancato il dibattito in commissione Giustizia. "Credo nella riforma in itinere", ha detto quindi il parlamentare di Forza Italia, spiegando come il partito non condivida in toto l'impostazione della riforma ma che "era necessario rispettare il momento elettorale del Csm senza fare proroghe". "Non si possono mettere bandierine sulla questione della giustizia ma si devono scegliere delle soluzioni che possono andar bene al nostro Paese", sottolinea.

Ad esprimere soddisfazione è il Pd, con la senatrice Anna Rossomando che assicura come la riforma sia stata condivisa da una larga maggioranza che ha avuto il merito, dice, di "respingere soluzioni che non erano solo incostituzionali, ma avevano anche delle palesi ingenuità". "Dire che con il sorteggio si contrastano le lotte del potere per il potere o è ingenuo o non è sincero", ha spiegato. "Avevamo l'ossessione che la riforma potesse essere affossata e che tutto rimanesse come prima, - è andata avanti la senatrice Dem - cosa che non potevamo permetterci. Questo l'abbiamo detto anche a quella parte della magistratura che secondo noi, sbagliando, ha avuto una posizione di arroccamento e non ha voluto capire quanto di importante e di innovativo ci fosse in questa riforma".

"Sulla riforma si poteva fare di più e si poteva fare meglio, ma voglio sottolineare che senza il nostro apporto il risultato sarebbe stato peggiore", sono invece le parole della senatrice pentastellata, Alessandra Maiorino. "Era l'unica riforma possibile - dice - con questa strana maggioranza".

Il senatore di Fratelli d’Italia, Alberto Balboni, invece, punta il dito contro il Pd: "Letta si è permesso di bollare come ostruzionismo la legittima presentazione di poche decine di emendamenti e ha invocato, addirittura, la fiducia sul provvedimento".

"Un atteggiamento – ha attaccato - che conferma apertamente la vocazione autoritaria e la concezione di democrazia del Partito Democratico".

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