Questa volta non c'erano le armi. Ma calci e pugni che hanno causato a un senegalese di 19 anni sette giorni di prognosi e segnato l'ennesimo caso di violenza contro extracomunitari. «Tornatene al tuo paese, vattene di qui sporco n...»: gli insulti e le botte, le ferite all'orecchio e al volto medicate in ospedale. Lo ha raccontato Dieng Khalifa ieri mattina ai carabinieri, denunciando l'aggressione subita da quattro persone giovedì sera a Partinico (Palermo), mentre si trovava in piazza con un migrante ospite della sua stessa comunità. Era seduto vicino ai tavolini di un bar, quando sarebbe stato apostrofato con epiteti razzisti e poi malmenato. Il giovane, un richiedente asilo arrivato in Italia nel luglio 2016 su un barcone e oggi cameriere in un agriturismo, ha spiegato di non aver reagito perché «contrario alla violenza. Mi potevo difendere. Ma gli educatori mi hanno insegnato a non usare le mani».
Gli educatori sono quelli della comunità Sympatheia, che ospita una decina di minorenni non accompagnati e che l'ha aiutato con un percorso formativo a inserirsi lavorativamente nel nostro Paese. I carabinieri indagano sugli aggressori, che sarebbero tutti e quattro del posto di un'età compresa tra i 35 e i 40 anni. «L'ho sentito poco fa ed era molto scosso - spiega al Giornale Vincenzo Desiderio, un ex operatore della cooperativa che in questi anni è stato accanto al giovane - non tanto per il dolore fisico ma per la ferita emotiva di questo episodio. Khalifa ha una storia personale difficile, ha subito torture in Libia, ha fatto la traversata arrivando in un barcone carico di ragazzi. Una mazzata ancor più grave considerando che è una persona rispettosa, buona e molto educata. Questo non è un comune razzista, ma è sempre più diffusa anche qui la convinzione che la colpa della disoccupazione dei giovani sia degli immigrati». A Partinico 30mila abitanti, i richiedenti asilo sono qualche centinaio, ospiti nei centri di accoglienza.
Quello di Khalifa è l'ottavo caso di intolleranza a presunto sfondo xenofobo nell'ultimo mese e mezzo, dopo quelli di Roma, con la bambina rom ferita da un piombino, di Latina, dove sono stati sparati colpi ad aria compressa contro due nigeriani, di Vicenza, dove due giorni fa un uomo ha sparato dal suo terrazzo a un operaio di origine capoverdiana. Fatti che alimentano le polemiche sul rischio di un «far west» Italia, già oggetto delle preoccupazioni del capo dello Stato Sergio Mattarella. «L'allarme razzismo è un'invenzione della sinistra - commenta il ministro dell'Interno Matteo Salvini -, gli italiani sono persone perbene ma la loro pazienza è quasi finita. Da ministro lavoro da 58 giorni per riportare sicurezza e serenità nelle nostre città».
Di certo per ora ci sono le statistiche, che fotografano un aumento del 13% delle licenze per la detenzione di armi in Italia. Una corsa alla difesa «fai da te» che è sintomo di un'insicurezza crescente tra gli italiani.
Il 39% dei cittadini, secondo l'ultimo rapporto del Censis, si dichiara favorevole all'introduzione di criteri meno rigidi per il possesso di un'arma da fuoco per la difesa personale, e tre famiglie su dieci dicono di percepire il rischio criminalità nella zona in cui vivono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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