Il senso perduto della comunità

di Camillo Langone

T orna il forno comune? Che bello, mi sono detto appena ho saputo di Forno Collettivo, locale milanese che a partire dall'incombente autunno consentirà ai clienti di infornare le proprie pagnotte. Come al tempo delle nostre nonne, penserà qualche lettore pugliese e non (i forni comuni erano presenti un po' ovunque in Italia, la Puglia è stata semplicemente la regione in cui hanno resistito più a lungo alla modernità). In verità io, che nonno non sono e che ascolto Dua Lipa, mica Toni Santagata, anche il Natale scorso ho portato teglie da cuocere nell'ultimo forno conto terzi della città di Trani, antro fuligginoso gestito da un personaggio giustamente pittoresco. Ricordo che mi sono domandato: ma quanto resisterà questa antica istituzione all'assalto delle gastronomie e delle Asl, del cibo pronto e delle normative nemiche del fuoco a legna? Per serbarne memoria ho fotografato il vecchissimo tariffario appeso alla parete, reperto di un mondo che fu: «Cottura pane al Kg. Lire 6, Focaccia semplice Lire 30, Focaccia di patate Lire 30, Pizze imbottite di cipolle Lire 40, Tegami di maccheroni Lire 40, Lamiera di taralli Lire 50...». Correva l'anno di grazia (e di sovranità monetaria) 1957. Ovviamente oggi i prezzi sono in euro ma restano modicissimi e dunque molto inferiori, immagino, a quelli del Forno Collettivo di Milano. Che sciorinano il birignao della ristorazione di tendenza e una micidiale valanga di anglismi: guest bakers, head baker, bakery, entry level bread, tasting bread, flatbreads, sourdough bread (il mio fornaio di Trani, puro dialettofono, nemmeno capirebbe che si sta parlando di pane). Ma non ho trovato la comunità, senza la quale parlare di forno comune o collettivo suona terribilmente inautentico. Il mondo è cambiato, questi luoghi prendevano senso dall'esistenza delle massaie, oggi estinte più o come i mammut. Si potrà resuscitarne almeno lo spirito? Ho i miei dubbi, le operazioni a tavolino difficilmente riescono.

Ma spero di sbagliarmi, spero che quest'autunno a Milano in via Lecco ci sia la fila, di gourmet se non di madri di famiglia, per infornare le pagnotte e le focacce impastate in casa. E se ci fosse un volenteroso intenzionato a far cuocere una pizza imbottita di cipolle, sappia che lo benedico in anticipo.

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