
La sentenza che cancella il divieto per la «madre intenzionale» di riconoscere come proprio il figlio nato in Italia da fecondazione assistita all'estero riscrive il concetto di famiglia e apre allo sdoganamento di pratiche come la gestazione per altri. Sancire il diritto costituzionale a essere «genitore intenzionale» innesca infatti un pericoloso corto circuito giurisprudenziale dentro la stessa Consulta dagli esiti imprevedibili, come l'atomizzazione della famiglia.
Come hanno più volte ribadito gli ermellini, nelle questioni etiche la ricerca di un ragionevole punto di equilibrio fra le diverse esigenze in gioco spetta al legislatore, che invece in questo caso la Consulta ha sostanzialmente scavalcato. La sinistra esulta e adesso chiede che la fecondazione in vitro - come il suicidio medicalmente assistito - sia riconosciuta come diritto esigibile nel Sistema sanitario nazionale e accessibile in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Ecco perché non è escluso che alcune Regioni decidano di legiferare per conto proprio e creare un conflitto con il governo, come è successo sul fine vita.
La Consulta ha già confezionato una serie di sentenze «creative» che hanno smontato la legge 40 e scavalcato il Parlamento su una norma che aveva resistito a una consultazione referendaria che ne voleva l'abrogazione. È l'ennesimo colpo di piccone dopo l'addio ai vincoli sulla Pma eterologa (con seme o ovulo esterno alla coppia), all'indagine clinica diagnostica pre-impianto per le coppie con patologie genetiche (con i rischi eugenetici che comporta) fino alla produzione di più di tre embrioni per ciclo. Il prossimo passo potrebbe essere l'abolizione del divieto di donare alla ricerca gli embrioni sovranumerari, congelati o non idonei alla gravidanza, e il riconoscimento del diritto costituzionale delle coppie gay o monogenitoriali alla procreazione.
Sebbene nella stessa sentenza la Consulta diffidi infatti di una norma che potrebbe «avallare un progetto genitoriale che conduce al concepimento di un figlio in un contesto che, almeno a priori, esclude la figura del padre», la Corte è così consapevole che questo passaggio è delicatissimo da lanciare la palla al legislatore, dicendo che se il Parlamento decidesse di estendere questa possibilità alle coppie omo e ai single non ci sarebbero obiezioni di costituzionalità.
Come sappiamo, l'utero in affitto è vietato in Italia dallo scorso ottobre ed è perseguibile anche se realizzato all'estero, tanto da essere condannato dalla stessa Corte con la sentenza 272/2017 perché «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», perché (si legge invece nella sentenza 161 del 2003) «corpo e mente della donna sono inscindibilmente interessati in un processo che culmina nella concreta speranza di generare un figlio». Ma lo status di «genitori intenzionali» è proprio il presupposto giuridico dei Paesi dove la gestazione per altri è consentita. Perché la persona che porta avanti la gravidanza in assenza di legami genetici non conta nulla, i genitori sono solo coloro che hanno donato il seme o l'ovulo. A volte però è la madre biologica a vendere il proprio corpo per conto di altri, per soldi o altri benefici. Come probabilmente è avvenuto nel caso della coppia omogenitoriale di Pesaro, riconosciuta anagraficamente proprio ieri dal Tribunale dei minori con la doppia e reciproca stepchild adoption dei rispettivi figli biologici. Un verdetto che fa strame della lotta del governo alla gestazione per altri e della circolare del Viminale del 2023 sul termine anagrafico «padre» e «madre», già cancellata dal ritorno della dicitura «genitore 1» e «genitore 2» dalla carta d'identità decisa nei giorni scorsi dalla Consulta.
In Parlamento si parla anche della possibile «adottabilità» dell'ovulo fecondato e «abbandonato», richiesta da Papa Francesco in punto di morte. Il centrodestra vorrebbe assecondare la volontà di Bergoglio, ragionando su un'età limite di 46 anni e test di compatibilità genetica e stato di salute dell'embrione.
Ma così si espanderebbe la «dignità giuridica» dell'embrione (con ricadute su aborto e trapianti) allargando i paletti fissati dalla sentenza 161 del 2023, quando la Consulta autorizzò l'impianto a una mamma tornata single, sancendo l'irrevocabilità del consenso del padre divorziato, contrario alla gravidanza della ex. Eccoli, i paradossi della giurisprudenza creativa, che partorisce un «padre involontario» con meno diritti sul figlio biologico di una «madre intenzionale».