nostro inviato
a Wimbledon
La gioia del trionfo a Wimbledon viene oscurata per un attimo da una domanda: «Hai avuto il tempo di seguire quello che è accaduto a Dallas?». Serena Williams, la regina nera del tennis, cambia subito espressione: «Certamente. E sento che siamo in pericolo: per chi è del mio colore e vive negli Stati Uniti la situazione è preoccupante». Serena ha perso la sorellastra Yetunde nel 2003, colpita da una pallottola vagante a Compton, il sobborgo di Los Angeles da dove viene la sua famiglia. Stava tornando a casa in auto con un uomo, è finita nel mezzo di una rissa ed è stata colpita al petto. Ma quello era un crimine del ghetto per cui alla fine fu arrestato un ragazzo che ammise di aver sparato per errore. A Dallas (e non solo) c'è dell'altro: «Sto pensando ai miei nipoti e credo li chiamerò per dire loro di non uscire di casa. In questo momento se sei nero e ti metti alla guida di un auto, potrebbe essere l'ultima volta. La violenza è assurda e non è la soluzione: non credo sia il caso che la polizia continui a sparare a giovani uomini di colore. Ma anche quello che è successo a Dallas è assolutamente una cosa inaccettabile e triste.
Nessuno merita di perdere la vita in questo modo, qualunque sia la sua razza e il posto da dove viene. Siamo tutti esseri umani. Il momento è devastante, è l'ora di fare qualcosa. Serve più educazione. E bisogna imparare ad amarsi di più».MLomb
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