Servono servi genuflessi al governo

Il governo siede in costante presenza di telecamera o almeno di telefonino. E i conduttori invece di condurre e guidare la danza come accade alla Bbc, si lasciano guidare loro

Servono servi genuflessi al governo

Quando Berlusconi, peraltro presidente del Consiglio legittimato da un vasto e non equivoco voto popolare, si azzardava a intervenire in qualche trasmissione, si scatenava l'inferno: «Ma come osa? Ma chi crede di essere?».

Oggi l'eccezione è diventata la regola: il governo siede in costante presenza di telecamera o almeno di telefonino. E i conduttori invece di condurre e guidare la danza come accade alla Bbc, si lasciano guidare loro dal naturale oggetto d'inchiesta il governo con borbottante deferenza come quando, ad esempio, il sor Di Maio spiega perché i fatti sbagliano, dal momento che lui ha ragione. Quasi tutto il popolo dello schermo (scherno?) emette davanti a lui borborigmi da coniglio mannaro: «Però, scusi, cioè, no, voglio dire, grazie, comunque». Che vergogna. Certo, il sor Di Maio ha lo scilinguagnolo sciolto perché emette dieci volte più parole che idee, salvo scoprire che l'Ilva fu un delitto perfetto e che Fico non è soltanto frutto di stagione ma anche di un equivoco e che comunque tutti sbagliano salvo lui e, per deferenza, forse Bergoglio.

Diceva Stalin: «Dove c'è uomo, c'è problema: non più uomo, non più problema».

Adesso il problema è che nessuno sa più trattare il governo come il naturale nemico cui rinfacciare le contraddizioni e costringere a rispondere. Si allunga invece la litania degli scusi, però, tuttavia, servo suo, serve niente. Come diceva Totò? Serve, la serva? Altroché se serve, la serva: più che un mestiere, una vocazione.

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