C' è chi sostiene sia tutto un bluff e chi teme che il progetto possa saltare davvero. «Nel caso, non vorrei essere nei panni dei senatori democratici che dovranno spiegare ai propri cittadini perché Amazon se n'è andata», ha commentato il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo. Il rischio sembra esserci sul serio: secondo il Washington Post, la società guidata da Jeff Bezos starebbe valutando l'ipotesi di fare marcia indietro sulla costruzione del suo secondo quartier generale a New York City. Troppe le pressioni da parte della politica locale e dei residenti contrari al progetto. Disposti a dire addio a 25mila posti di lavoro potenziali pur di non prendersi anche le grane del caso. E per l'uomo più ricco del mondo è un'altra pessima notizia in una settimana nera, segnata dalla denuncia di minacce ricevute dal tabloid National Enquirer vicino al presidente Donald Trump.
Era novembre quando, dopo mesi di selezioni, la multinazionale di Seattle aveva annunciato l'apertura dei nuovi uffici a Long Island, quartiere del Queens, e ad Arlington, in Virginia. Come comprensibile, la prospettiva di essere il candidato prescelto faceva gola a molti. La stessa New York ha negoziato con Amazon un accordo che prevede 3 miliardi di dollari in sgravi e sovvenzioni. In cambio l'azienda ha promesso che il suo trasferimento in città avrebbe generato 27 miliardi di nuovo gettito fiscale, oltre appunto alle decine di migliaia di occupati in più (pagati in media 150mila dollari lordi l'anno). L'anima progressista della città, però, ha complicato le cose a Bezos. La cifra record di incentivi pubblici e la paura di una gentrificazione della zona con conseguente balzo alle stelle degli affitti e del costo della vita, come accaduto a Seattle, hanno portato i residenti in piazza a protestare. A guidare l'ala scettica della politica c'è la più giovane deputata della storia del Congresso americano, la democratica Alexandria Ocasio-Cortez, eletta nel distretto adiacente a quello in cui dovrebbero sorgere i contestati uffici (anche se nessun terreno è stato ancora acquistato). Nei mesi da novembre a oggi il dissenso è andato crescendo: cortei, contestazioni durante le sedute del consiglio comunale, volantinaggio porta a porta degli attivisti anti-Amazon (di cui a Manhattan alcuni manifestanti hanno anche occupato uno store). Per contro il sindaco di New York, Bill de Blasio, e il governatore Andrew Cuomo sono grandi sostenitori dell'iniziativa. Così come i sondaggi hanno certificato che la maggioranza dei residenti sarebbe favorevole ad aprire le porte della città alla multinazionale. Ma se anche Bezos non avesse davvero intenzione di mandare tutto all'aria, un'altra incognita potrebbe complicarne i piani. Al progetto servirebbe il via libera della commissione locale sul Controllo delle autorità pubbliche, già nota in passato per aver bloccato altre grandi opere come lo stadio di football a Manhattan. Il Senato dello Stato di New York ha appena nominato alla guida dell'organo il senatore dem Michael Gianaris, contrario all'arrivo di Amazon in città. Se Gianaris sarà confermato a capo della commissione potrebbe mettere il veto sul progetto, come ha già detto di voler fare.
Ma la City fa storia a sé: il resto del Paese è sintonizzato su frequenza diverse. Arlington, impaziente di attirare investimenti, ha già approvato un piano da 750 milioni di incentivi per blindare la costruzione dei nuovi uffici.
E altre città statunitensi si stanno facendo avanti per ospitare Amazon. Forse sia Bezos sia i newyorchesi stanno bluffando per ottenere le condizioni desiderate. Devono solo capire se valga la pena rischiare di buttare tutto all'aria.
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