Roma - Quanto c'è di tattica e quanto di reale convinzione nell'apertura di Silvio Berlusconi ad un accordo con il M5s? Il fatto è che il leader di Forza Italia, dopo aver lasciato campo libero a Matteo Salvini nelle prime due settimane dopo il voto, così rientra in partita. E, seguendo la logica della realpolitik, si espone per far esporre gli altri.
Il segretario della Lega, che ha il primo posto nella coalizione, vuole stabilire l'asse con Luigi Di Maio, sia sulle presidenze delle Camere che su un futuro governo? Non lo farà da solo, ma sempre trattando per il centrodestra unito.
Nel prevertice di ieri a palazzo Grazioli, con i capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta e con il consigliere di sempre Gianni Letta, si decide di andare fino in fondo, incassando per Fi la presidenza del Senato, ma «senza accettare pregiudiziali» sul candidato, che è appunto Romani. Se i 5S si impuntano per un processo legato all'uso sbagliato di un cellulare, avverte il Cavaliere, l'ipotesi di collaborazione diventa più complicata. Figuriamoci quella di governare insieme il Paese. È vero che ci sono altri candidati azzurri di riserva, ma sembra che anche su Anna Maria Bernini i grillini abbiano storto il naso, mentre sarebbe ben accetta Elisabetta Alberti Casellati, già sottosegretario alla Giustizia e laica del Csm, oppure Maurizio Gasparri.
In questa fase il gioco è tirare la corda, per mettere alla prova la reale volontà di Di Maio di accordarsi non solo con la Lega, ma con lui, il vituperato - parole loro - Caimano, attaccato in ogni comizio elettorale e anche oggi da esponenti grillini che dicono «mai nella vita», come la Taverna e da una bella fetta del popolo della rete. Sono davvero disposti ad andare oltre e fare un governo con il capo di Fi, condividendo alcuni punti di programma? I tentativi di dialogo di Letta non hanno avuto risultato, ma il Cav vuole essere riconosciuto come interlocutore, dimostrare che il suo ruolo è sempre determinante.
Anche il presidente dell'Europarlamento, Antonio Tajani, ora dice che «siccome non ha una maggioranza parlamentare il centrodestra potrebbe avere voti in Parlamento da chi condivide i punti programma, nulla di cui scandalizzarsi. Può accadere con il Pd o con il M5s».
Nel vertice con gli altri leader della coalizione Berlusconi ha visto un Salvini «molto determinato» sulla premiership, deciso a rivendicare Palazzo Chigi per sé. E ha deciso di farlo andare avanti, per verificare se la strada che lui indica è percorribile. Sicuro che sarà difficile sottrarre Palazzo Chigi a Di Maio.
Il cambio di strategia, insomma, è funzionale ad ottenere subito un successo al Senato e far pesare per «la partita più difficile», quella del governo, il 37,5% dei voti della coalizione, facendo risaltare che da solo il Carroccio con il suo 17% non avrebbe peso. «Molti deputati leghisti sono stati eletti anche grazie a Fi», ricorda Tajani. E aggiunge, dal suo osservatorio europeo, che bisogna «evitare un ritorno alle urne».
La difesa dell'identità azzurra, che non vuole dissolversi in un partito unico a guida leghista, si legge anche nella resistenza ad andare alle consultazioni al Quirinale con una delegazione unica. «Una decisione non è stata presa - spiega Brunetta -, ricordo solo che nel 2013 ogni formazione si presentò con i propri vertici, separatamente». Da allora, certo, c'è stata una mezza rivoluzione. Ma Fi resiste.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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