La sfida (sovranista) per salvare il vino bio: 150mila firme contro le regole di Bruxelles

A rischio distruzione 2mila bottiglie con acidità oltre la soglia comunitaria

La sfida (sovranista) per salvare il vino bio: 150mila firme contro le regole di Bruxelles

Parigi - Sapore acre e odore pungente. Più simile a un aceto che non a un vino, ma senza averlo neppure assaggiato. Giudizio basato su tabelle elaborate dalle istituzioni comunitarie che da dieci anni impongono infinite «restrizioni» connesse alla produzione vinicola. La nuova battaglia sovranista rischia di vincersi o perdersi in un bicchiere di rosso francese. Motivo? Il Regolamento Ue parla di «pratiche». Cioè decide come si debba fare il vino in Europa. La giustizia transalpina è stata perciò costretta a ordinare a un piccolo produttore di gettare via 2mila bottiglie dei suoi vini più pregiati.

Enologo, tutt'altro che viticoltore improvvisato, David Sébastien rifiuta, innescando una querelle a cui oggi dovrà porre rimedio il tribunale di Orléans. Burocrazia europea contro sapienza tramandata da generazioni. L'amministrazione rileva infatti un tasso di acidità volatile troppo elevato nel suo vino: 21,8 meq / l (milliequivalente per litro) contro un massimo di 20 consentito per un rosso. Famiglia di vignaioli, la sua. Presente dal XVII° secolo nella Loira. Resta però un piccolo produttore di Saint-Nicolas-de-Bourgueil. Quindi scattano i controlli. Durante un'ispezione nell'ottobre scorso, un agente della Direzione generale per la concorrenza, i consumatori e il controllo delle frodi campiona una delle sue annate («Coef 2016», tra i fiori all'occhiello della produzione bio e particolarmente apprezzata). Niente pratiche ancestrali, anzi. Sébastien è considerato uno dei più innovativi della Francia intera. Ma la prefettura d'Indre-et-Loire impone al quarantenne di rimuovere entro il 13 maggio il suo lotto. L'avvocato Eric Morain ottiene una sospensione e i palati sensibili al nettare di Sébastien difendono il lotto.

Tre diverse analisi commissionate dal vignaiolo per far fronte all'attacco proveniente dalle tabelle europee stabiliscono che la quantità di acido acetico, che determina la cosiddetta acidità volatile del vino, è entro i limiti. Perfino ben al di sotto delle norme europee, al 19,3. Se il tasso è troppo alto, diventerebbe torbido, aspro. Di fatto imbevibile. «Non è il caso dei vini di Sébastien. Abbiamo fatto tre contro-perizie da bottiglie dello stesso gruppo. E le analisi dei campioni sono risultate sempre al di sotto degli standard massimi», spiega l'avvocato.

Ottenuta una sospensiva, la prefettura insiste: le regole Ue vanno applicate. Senza tener conto delle nuove analisi trascina la vicenda in tribunale. Si attiva un passaparola pro-vignaiolo: la petizione «Sostieni Sébastien David» ha già superato 152 mila firme online, su Change.org. Basterà per fermare i burocrati? La decisione della Corte è attesa per oggi. Se il giudice riterrà valido il decreto prefettizio, lascerà che il suo lotto di 2mila bottiglie venga distrutto o inviato a una fabbrica di aceto, con una perdita stimata di oltre 50mila euro.

Vinceranno le regole di Bruxelles - che giusto pochi giorni ribadiva che l'Europa «permette vongole italiane di 22 mm contro i 25 delle sorelle comunitarie» - o il buonsenso del vignaiolo? La nuova battaglia sovranista rischia di vincersi o perdersi in un bicchiere di vino.

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