Sfiducia al governo Conte: è fuga di capitali all'estero

I dati Bankitalia: in soli due mesi le tensioni politiche hanno causato una fuoriuscita di 55 miliardi

Sfiducia al governo Conte: è fuga di capitali all'estero

Rallenta l'economia e arrivano conferme del più temuto tra gli effetti imputabili alla sfiducia di famiglie e investitori: la fuga di capitali dall'Italia verso lidi più sicuri. Si preannuncia un autunno molto difficile per il ministro dell'Economia Giovanni Tria. La legge di Bilancio dovrà tenere conto di un contesto sempre meno favorevole. Ieri lo ha certificato l'Istat e, cosa più preoccupante, anche l'agenzia di rating Standard and Poor's. Il Pil dell'Italia è stato sovrastimato e già sta rallentando, confermando gli scenari più temuti.

Di ieri anche la conferma di un altro dato relativo a un indicatore al momento poco conosciuto ma che potrebbe presto diventare tristemente popolare tra gli italiani, un po' come successe anni fa con lo spread. È il saldo di Target2, cioè del sistema di pagamenti tra le banche, centrali e private, dell'Eurozona. La posizione debitoria dell'Italia si sta allargando sempre di più. Dai dati diffusi ieri da Bankitalia emerge che in giugno è salita a 480,9 miliardi dai 464,6. I 16 miliardi di peggioramento si aggiungono ai 40 di maggio. Cifre interpretate subito come una fuga di capitali, anche se Bankitalia all'inizio dell'anno smentì questa lettura.

I mercati sono comunque attenti a quello che succede in Italia. E non è un caso che il ministro Tria si sia speso per dare rassicurazioni sulla tenuta dei conti italiani e sul rispetto dei patti europei da parte del nuovo governo, anche a costo di alimentare tensioni nella maggioranza.

Ieri il ministro dell'Economia si è affrettato a smentire una indiscrezione su una revisione dell'obiettivo del deficit per il 2019 dallo 0,8% previsto dal governo Paolo Gentiloni e quindi dal ministro Pier Carlo Padoan, all'1,4%. Fonti del ministero hanno precisato che «è assolutamente prematuro indicare ora l'obiettivo programmatico che verrà inserito nella Nota di Aggiornamento del Def a settembre».

A remare contro Tria e gli ambiziosi obiettivi del governo Conte, sono anche i dati sulla crescita. L'agenzia di rating S&P ha tagliato la stima del Pil per l'Italia all'1,3% per quest'anno contro +1,5% previsto in precedenza. Per il 2019 l'agenzia stima una crescita dell'1,2% e dell'1% per il 2020. Una revisione al ribasso per «la mancanza di riforme strutturali». Nessuna buona notizia nemmeno dall'Istat che ha prospettato «una nuova decelerazione, consolidando uno scenario di contenimento dei ritmi di crescita dell'economia».

Vero che ci sarà una lieve contrazione del Pil, ha commentato il ministero dell'Economia.

Ma «è imputabile all'andamento delle esportazioni e della produzione, come effetto anche dell'imposizione dei dazi Usa». Comunque «non è in discussione un allentamento dell'attenzione da parte del governo sul consolidamento dei conti che proseguirà».

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