Coronavirus

"Venga in tribunale". I famigliari delle vittime inchiodano Speranza

I familiari delle vittime di Bergamo "sconcertati" dalle rivendicazioni fatte da Speranza durante la votazione sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti

"Venga in tribunale". I famigliari delle vittime inchiodano Speranza

Si è difeso in Senato, Roberto Speranza. E lo ha fatto dai banchi del governo lasciati vuoti dai suoi colleghi, compreso il primo ministro Mario Draghi. Si è profuso in un lungo discorso con l'intento di rispondere punto su punto alle contestazioni avanzate nelle tre mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni nei suoi confronti. "Ho fatto il possibile per difendere la salute degli italiani", ha detto. Tradotto: poco o nulla da rimproverarsi. Perché il il virus era "nuovo" e il "piano pandemico del 2006 non era sufficiente", perché il ritiro del report di Zambon "è stata una scelta interna dell'Oms", perché il piano segreto non è stato "mai secretato" e perché "è falso" sostenere non vi sia alcuna circolare per il trattamento domiciliare dei pazienti Covid. Una difesa a spada tratta, insomma, quasi una rivendicazione del lavoro svolto sin qui.

Va detto che molte delle questioni spinose sollevate nei suoi confronti in questi giorni da media, politici e contestatori sono state brillantemente driblate dal ministro. E non è un caso se l'arringa di Speranza è andata di traverso ai familiari delle vittime del Covid di Bergamo che da oltre un anno si battono per ottenere verità su quanto successo. "Sconcerta il fatto che il ministro rivendichi i meriti della sua gestione", dice Consuelo Locati, Legale Rappresentante Azione Civile Familiari Vittime Covid. E non si tratta di una contrapposizione ideologica. "Speranza - continua l'avvocato - ci deve spiegare allora come mai non ha chiuso la Valseriana, quando il Cts e lo stesso Merler glielo consigliavano caldamente proprio sulla base dei dati epidemiologici e nonostante lui stesso avesse dichiarato alla Camera il 30 di gennaio che il coronavirus nei Paesi asiatici veniva 'trattato come la peste'". Oppure dovrebbe spiegare perché a Bergamo furono inviati i militari e poi subito ritirati. O perché "il 4 febbraio 2020, a pochi giorni dallo scoppio dell'epidemia, dal suo ministero venivano mandate autovalutazioni sulla preparazione pandemica dell'Italia, nelle quali il personale, da lui nominato e di cui è responsabile per normativa vigente, si attribuiva voti più che eccellenti".

Tutte domande che da mesi ormai Locati, Robert Lingard e tanti altri stanno ponendo giorno dopo giorno. E visto che "le risposte non sono mai arrivate", ora i toni si fanno più duri. "Speranza deve sapere che anche politicamente dovrà rispondere in ordine alle migliaia di vittime - conclude Locati - E lo dovrà fare in tribunale". Perché "in un Paese normale" uno così "non sarebbe più ministro da tempo".

E sopratutto "non sarebbe necessario chiederne le dimissioni".

roberto Speranza

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