Uno show forzato: spetta agli eletti decidere su Salvini

Uno show forzato: spetta agli eletti decidere su Salvini

Adesso vi spiego come funziona il Tribunale dei ministri, avendo avuto l'esperienza personale di essere indagato da quell'organo come ministro per i Rapporti con il Parlamento, durante il II governo Berlusconi (2001- 2006) a seguito di una denuncia presentata nei miei confronti dal presidente della Regione Basilicata relativa a quanto da me detto nella discussione avvenuta in consiglio dei ministri sul progetto di deposito di scorie nucleari a Scanzano Jonico.

Essendo il denunciante della regione Basilicata, venni convocato dal Tribunale del ministri della regione contigua, la Calabria, e dovetti presentarmi con il mio avvocato un pomeriggio, nel deserto tribunale posto alla periferia di Catanzaro, dove chiedemmo all'unica apparentemente presente, una donna delle pulizie, dove fosse questo tribunale.

La signora ci rispose che a quell'ora in tribunale non c'era nessuno, che a Catanzaro però esisteva un tribunale anche in centro, ma per sicurezza ci invitò a salire al secondo piano dove forse in una stanza in fondo a un corridoio avremmo trovato qualcuno.

Salimmo, bussammo e chiedemmo scusa a due giovanotti, un uomo e una donna in jeans, che scambiammo per colleghi della gentile inserviente, che ci bloccarono però subito spiegandoci che i due magistrati del Tribunale dei ministri erano loro.

Avemmo così modo di consegnare il verbale del consiglio dei ministri su Scanzano Jonico che conteneva e confermava le mie dichiarazioni (atto riservato ma non segreto) e poi tutto venne evidentemente archiviato perché sono passati ormai ben più di 10 anni e di quella vicenda più nulla ho saputo.

Ma se quei magistrati avessero voluto rinviarmi a giudizio che cosa avrebbero dovuto fare? Chiedere il permesso alla Camera dei deputati, perché per i ministri e solo per i ministri è in vigore la legge Costituzionale n. 1 del 1989 per la quale possono essere processati soltanto con l'autorizzazione della Camera di appartenenza che può negarla «qualora reputi che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato».

Sulla base di quella legge il Parlamento ha, negli anni passati, negata l'autorizzazione richiesta per ragioni diverse per gli ex ministri Franco Marini, Rosy Bindi e Pietro Lunardi, mentre l'ha concessa per Franco Nicolazzi e, su sua richiesta, sul recentemente scomparso Altiero Matteoli.

Se fosse stato pertanto ben consigliato, l'attuale ministro dell'Interno si sarebbe risparmiato le esplosive dichiarazioni rese in diretta tv, perché nel nostro ordinamento sono proprio i parlamentari, cioè i rappresentanti del popolo, cioè gli eletti dai cittadini, a giudicare se gli atti di un ministro siano motivati da un «interesse dello Stato», e quindi non siano penalmente perseguibili, mentre nessuno può contestare alla magistratura il suo diritto

dovere di indagare, inviare un avviso di garanzia, eventualmente anche chiedere il rinvio a giudizio di un ministro, salvo poi doversi inchinare davanti alla volontà del Parlamento.

*ex ministro per i rapporti con il Parlamento

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