Si intascano 50 euro Ma agli immigrati ne lasciano solo due

Le mani della cupola sui fondi ai centri per i rifugiati. Così l'accoglienza è diventata un business per i boss

Si intascano 50 euro Ma agli immigrati ne lasciano solo due

Un business da oltre 800 milioni di euro, calcolando per difetto. È questo il valore stimato dei piani di accoglienza e sostegno per i rifugiati e i richiedenti asilo, un programma gestito dal ministero dell'Interno e che implica anche il ricorso a strutture private. Tra queste le immancabili Coop del gruppo «29 Giugno» che volevano anche ottenere l'affidamento del Cara (centro accoglienza richiedenti asilo, ndr ) di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma. «Poi ti devo da' una buona notizia: abbiamo vinto il Cara, è arrivata l'aggiudicazione evvai...». «Ah sono contento... lo vedi nella vita... c'è la giustizia». È il 30 settembre 2013 Salvatore Buzzi è al telefono con il suo boss Massimo Carminati e gli comunica una buona novella.

Di sicuro hanno fatto maggiore effetto le frasi con le quali «Er Cecato» afferma che con «migranti e zingari si fanno più soldi che con la droga». Chi mette le mani sul dramma di persone costrette a fuggire dalla propria terra può speculare come un qualsiasi «scafista». Prima di entrare nel merito, bisogna prima specificare che i Cara sono di responsabilità del Viminale e situati al di fuori delle grandi città, mentre le altre strutture come gli Sprar (sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) e i centri temporanei sono un po' meno «vincolati». Questi ultimi sono anche i meno costosi: ogni centro riceve 35 euro al giorno per migrante. Di questi 2,5 euro vanno al singolo individuo che può comprare un biglietto dell'autobus o qualche piccolo genere di conforto perché gli Sprar si trovano nei centri urbani e quindi consentono, in teoria, di integrare gli immigrati con la popolazione residente.

I Cara, invece, sono molto più grandi ed isolati, immensi parcheggi come quello di Mineo, vicino Catania dove migliaia di richiedenti asilo aspettano di toccare «Lamerica» con le proprie mani. Un Cara, teoricamente, dovrebbe avere la stessa base di costo di uno Sprar, ma nella media tende a essere più caro: circa 50 euro in media al giorno per migrante (2,5 euro vanno sempre all'immigrato che però può usarli solo all'interno del cara stesso). Ovviamente, lo Stato non paga le spese di soggiorno ad libitum ma solo per un periodo di sei mesi (in attesa che la pratica per l'asilo sia definita, ndr ) salvo proroghe.

In ogni caso, calcolare il costo effettivo è molto complesso. Ci si può affidare ai dati del Viminale: a fine novembre c'erano circa 65.500 persone ospiti delle strutture (34.700 in quelle temporanee, 9.800 nei Cara e 21mila negli Sprar). L'andamento del 2014 è stato più o meno omogeneo: una media mensile di 60mila presenze (30mila nelle temporanei, 10mila circa nei Cara e 20mila negli Sprar) non si discosta eccessivamente dalla realtà. Moltiplicando per i 35 e per i 50 euro al giorno (per i Cara) per ciascuno per 11 mesi si ottiene una cifra di tutto rispetto: 752,5 milioni di euro. Se dicembre mostrerà un andamento analogo, si dovrebbero spendere altri 68,4 milioni portando il totale annuo a 820 milioni di euro circa.

Atteso che la tutela dei rifugiati è sancita dai trattati internazionali e che la confusa situazione in Libia rende difficile gestire l'emergenza, ci si può interrogare sui motivi per i quali l'Italia spenda così tanto dirottando ingenti risorse verso soggetti non sempre affidabili. Ad esempio, il fatto che i rifugiati provengano da Paesi con servizi anagrafe che lasciano a desiderare fa sì che alcuni tentino la «furbata» di spacciare maggiorenni per minori non accompagnati ottenendo così rimborsi maggiori.

A bilancio invariato si potrebbero potenziare le Questure e velocizzare le pratiche di asilo. Così invece ci sarà sempre un Buzzi qualunque che dirà: «A 67 euro ce guadagniamo un sacco de soldi, però chissà quando pigliamo i soldi, questo è il problema».

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