Più che a un Grande fratello viene da pensare a un Grande guazzabuglio. La disciplina sul controllo a distanza del lavoratore sancirà di nuovo l'intoccabilità dei pubblici dipendenti, o si applicherà a pubblico e privato in ugual modo? Il dubbio viene, e una risposta chiara al momento non c'è.
Quando alla vigilia dello scorso Natale si trattò di approvare il decreto sul contratto a tutele crescenti, il testo passò in Consiglio dei ministri senza l'esclusione degli statali. In quella sede Poletti e Madia non fiatarono, salvo poi, tre giorni dopo, dichiarare alla stampa che il settore pubblico doveva essere escluso dalla nuova disciplina. Lo ricorda bene il senatore e giuslavorista Pietro Ichino che al Giornale dichiara: «Sarebbe un errore escludere di nuovo i pubblici dipendenti. Il testo unico sul pubblico impiego del 2001 stabilisce che, escluse assunzioni e promozioni, soggette al principio costituzionale del concorso, per ogni altro aspetto il rapporto di pubblico impiego dev'essere assoggettato alle stesse regole del rapporto di lavoro privato».
Insomma, concorso non significa inamovibilità né intoccabilità. Come se non bastasse, i decreti attuativi del Jobs act si occupano di diverse materie, inclusa la tutela della maternità e i congedi parentali, innovazioni che, ha precisato il ministro Poletti, si applicheranno anche alla pubblica amministrazione. Proprio così, il rischio è che in assenza di una decisione politica chiara, i decreti funzioneranno à la carte , questo sì, questo no, a seconda dell' appeal mediatico e del potere interdittivo di sindacati e constituency di riferimento.
Se così fosse, l'ambiguità interpretativa diventerà materia del contendere in tribunale delegando, una volta di più, ai magistrati un ruolo che non spetta a loro. Quanto al controllo remoto, non si tratta certo di una bestemmia, esiste già e dovrebbe applicarsi anche a burocrati e magistrati. Non si capisce del resto perché dovrebbe essere esente da sanzione il dipendente pubblico che ozia per ore in un corridoio o che utilizza l'utenza telefonica ministeriale per conversazioni di carattere privato. Già oggi le aziende assegnano ai dipendenti tablet e smartphone , già oggi si può geolocalizzare e videosorvegliare. Eppure non risulta che i sindacati abbiano mai preteso che la consegna degli apparecchi elettronici fosse assoggettata alla contrattazione. Né risulta che abbiano mai denunciato le aziende colpevoli di dotare i dipendenti di uno strumento di controllo remoto.
La normativa in questione sarebbe un'iniezione di trasparenza a tutela dei lavoratori. Da domani il principale di un'azienda potrebbe usare le riprese di una telecamera non soltanto per dimostrare che il dipendente ha rubato (può farlo già oggi), ma anche per provare la negligenza di un signore che passa le giornate davanti al distributore delle merendine. Naturalmente l'uso dei dati sensibili dovrà rispettare la privacy delle persone e la normativa vigente, anche su questo il decreto fissa criteri e requisiti.
In generale, se il decreto sarà approvato, l'Italia si allineerà agli standard internazionali in materia di cyber security . Sarebbe pure un bel passo avanti se il governo uscisse dall'ambiguità attuale per rottamare, nei fatti e non solo a parole, lo strapotere dei sindacati. Una riforma moderna ed efficace non può proporre menu à la carte , né introdurre distinzioni ingiustificate tra pubblico e privato.
Bisogna scegliere da che parte
stare, se con Ichino o con Camusso, una via di mezzo non c'è. E gli intoccabili esistono soltanto in India, dove peraltro conducono una vita grama, che non augureremmo neppure ai più neghittosi dei nostri public servant .
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