Ieri i Parlamenti democratici di tutto il mondo hanno avuto il loro 11 settembre. Se fino a oggi era facile entrare nella sede delegata delle democrazie occidentali, visitarne le affascinanti, grandi strutture, andare a incontrare i parlamentari; se le misure di sicurezza erano ragionevolmente lievi, da ora in avanti non sarà più così: l'attacco al Parlamento di Ottawa cambia tutto.
Mentre scriviamo l'evento conta due morti: uno dei probabili terroristi, e un giovane soldato di guardia vicino al Parlamento. L'imponente costruzione gotica, il suo immenso corridoio paragonabile al nostro Transatlantico sono stati violati da un'irruzione terrorista che l'ingenuità democratica del Canada non ha saputo fermare. Le tv di tutto il mondo hanno trasmesso la violazione della sede della democrazia canadese filmata dal telefonino di un giornalista: si è vista la rincorsa di un largo, disordinato gruppo di poliziotti che inseguono qualcuno sparando nell'andito monumentale. Cercano, gridando, l'uomo o forse gli uomini (inizialmente si parlava di tre individui) entrati correndo e hanno sparato nella fortezza della storia canadese: i poliziotti avanzavano dietro uno sbarramento di fuoco sparano trenta colpi, mentre la guerra terrorista occupa la città intera che mostra i segni di una debolezza insostenibile, su cui in queste ore tutte le democrazie del mondo devono riflettere.
Il primo ministro Stephen Harper, un gentiluomo canadese tutto quiete e ragionamento che si trovava per caso sul posto è stato costretto praticamente a fuggire verso un «luogo sicuro». Come in un film thriller tramite cellulari e internet i deputati sono stati tutti avvisati della necessità di chiudersi a chiave dentro le loro stanze, di barricarsi in qualche modo, di non avvicinarsi alle finestre e di guardarsi dall'uscire. Una foto mostra un accumulo di sedie davanti alla porta di una sala dove si svolge una riunione: l'apparenza di questa barriera è alquanto improbabile, persino patetica. Il parlamento è rimasto inerme, prigioniero. Intanto gli eventi si susseguivano nella maggiore confusione.
Tutta la città, ospedali, scuole, negozi, è rimasta nelle mani dei terroristi. Lo stato di assedio si è propagato: l'ambasciata americana è stata chiusa; casa per casa la polizia ha chiesto di non uscire e di non avvicinarsi alle finestre, e ai genitori di non andare a prendere i bambini a scuola.
Perfino la Banca centrale ha rimandato la sua conferenza stampa. Il panico è rimasto per molte ore il padrone della Capitale.
Non conosciamo ancora la natura di questo attentato. Sappiamo però che accade a poche ore da quando, due giorni fa, un veterano di 53 anni, Patrice Vincent, è stato volontariamente travolto con un'auto e ucciso da un 25enne islamista convertito Martin Couture Rouleau che da mesi era sorvegliato dalla polizia. Il suo passaporto era stato ritirato per proibirgli di raggiungere l'Isis in Siria. Ma la sua «libertà di opinione» ha portato comunque alle estreme conseguenze. Secondo i consueti «post» su internet, Couture Rouleau ha agito per vendetta contro il Canada in quanto parte della coalizione anti Isis. La stessa ragione con cui si tagliano tante teste.
Venerdì scorso il livello di allarme antiterrorista era stato elevato per la prima volta dal 2010.
L'intelligence e la polizia erano in stato di allerta, e questo, a prescindere se la natura dell'attentato sia islamista o no, ci
dice che non siamo pronti alle nuove prove che aspettano il mondo occidentale. Esse sono travolgenti quanto lo è l'irrazionalità, la ferocia, la determinazione a dominare, tutti temi che inutilmente cerchiamo di censurare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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