Politica

Il silenzio di Pd e grillini sul ddl Zan

La Lega insiste: "Tavolo di confronto". Letta si nega: "Volete solo affossare il testo"

Il silenzio di Pd e grillini sul ddl Zan

«Bastano pochi minuti: un confronto diretto e schietto. Si fa presto a mettersi d'accordo». Matteo Salvini rilancia la proposta di un accordo col Pd per rivedere il testo del ddl Zan. E renderlo quindi meno divisivo. Da parte sua Enrico Letta continua a ripetere che la norma contro l'omotransfobia si deve votare così com'è. «Mai rifiutato un confronto con Salvini - dice il segretario dem - ma lui vuole soltanto affossare il ddl». L'assist del premier Draghi («Il parlamento è sovrano e lo Stato è laico») non basta a rassicurarlo perché al dunque i voti potrebbero mancare. «Ora servono altre riforme, altro che ddl Zan» taglia corto Silvio Berlusconi. «I diritti non si usano come clave» sentenzia Renzi che si propone come pontiere. Su questa legge, ripete, serve la più ampia condivisione.

All'Huffington post il capogruppo leghista al Senato, Massimiliano Romeo, elenca i punti del ddl da rivedere: dall'articolo 1 («eliminare il riferimento all'identità di genere») all'articolo 4 («via i reati d'opinione») fino all'articolo 7 («non vogliamo l'indottrinamento dei ragazzi attraverso l'imposizione di un modello non condiviso»). Al tavolo delle trattative però Letta vuole arrivare con una data certa per il voto in aula. Non vuole rischiare di portare alle calende greche un procedimento che rappresenta per il suo partito una bandiera irrinunciabile. Preoccupazione condivisa anche da Leu. «Bene cercare la massima condivisione - puntualizza il senatore Francesco Laforgia - ma non per annacquare un provvedimento da cui dipende la vita di tanti».

Mercoledì un incontro tra i presidenti dei gruppi di maggioranza convocato dal presidente della Commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari. Il voto in Commissione dovrebbe essere fissato per il 6 luglio per poi passare sette giorni dopo al vaglio dell'Aula di Palazzo Madama. I grillini, pur rappresentando il gruppo più folto (75 senatori) non sembrano interessati a entrare nel dibattito. Malumori, comunque, si registrano anche nel Movimento. I rumors danno la possibilità di una ventina di no (tra 5S, Italia viva e Pd).

L'ex ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli, indicata come un possibile voto contrario, fa dietrofront: «Voterò sì, ma resto perplessa».

Commenti