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Quel silenzio della sinistra che difende la Balzerani

Sempre pronti a dire la loro quando si tratta di fascisti, in pochi hanno stigmatizzato la brigatista

Quel silenzio della sinistra che difende la Balzerani

Certo, sono occupati a dilaniarsi un giorno sì e l'altro pure, ma una mezza parola avrebbero potuto spenderla. Barbara Balzerani, brigatista di prima grandezza ormai libera da tempo, profana la data sacra del 16 marzo, il giorno della strage di via Fani, e oltraggia con parole incredibili i morti e i feriti di quella stagione. Afferma che quello della vittima è diventato un mestiere e fa del sarcasmo rivoltante sul quarantennale del massacro. Bene, e il Pd e Leu, insomma i compagni che non sbagliano, che dicono? Niente. Elettroencefalogramma piatto. Nessun sussulto, nemmeno mezza frase sul centro sociale Cpa di Firenze che ha ospitato l'ex terrorista e si e ben guardato dal prendere le distanze dai suoi deliri. Silenzio e ancora silenzio. Matteo Renzi via tweet trova il tempo di celebrare la strepitosa impresa di Vincenzo Nibali, trionfatore della Milano-Sanremo, ma scompare dai radar quando si cita la Balzerani. Idem per i luogotenenti del Pd: da Martina a Calenda, passando per Franceschini. Tacciono. Avranno altro da pensare o forse sono intenti a parare i colpi dei parenti serpenti annidati nel partito.

Si indigna giustamente il sindaco di Firenze Dario Nardella, lancia un messaggio ineccepibile di condanna Emanuele Fiano, per una volta si schiera dalla parte giusta l'Anpi, ma il grosso dei colonnelli non è pervenuto. Ma come, abbiamo passato settimane, anzi mesi a denunciare il ritorno del fascismo, si sono sprecate prediche apocalittiche, analisi allarmate, interviste sui fantasmi del passato, si è ostracizzato chi colleziona gadget del Duce e, sfiorando il ridicolo, si è trasformato in pericolo pubblico perfino il nostalgico gestore di uno stabilimento balneare.

Gli ex br invece vengono coccolati, vezzeggiati, corteggiati. Vanno in tv senza contraddittorio, presentano libri manco fossero star da fiera, vengono invitati ovunque e nessuno o quasi, a sinistra, chiede più sobrietà, meno fragore, più rispetto. A parti inverse, contro l'inesistente pericolo nero, ci sarebbero stati boicottaggi e poi manifestazioni, flash mob e chissà che altro.

Pietro Grasso, che ha perso molte occasioni per tacere, ne perde una per parlare. E quando apre bocca usa concetti fumosissimi che lo iscrivono d'ufficio al partito dei complottisti e di quanti cercano fantomatici terzi livelli: «Non dobbiamo smettere di cercare la verità». Laura Boldrini, la pasionaria che s'infiamma per tutto e per tutti, per i migranti, per i più poveri e per le vittime del bullismo, se la cava con un modesto compitino. Scopre con Mattarella una lapide per i cinque agenti trucidati in via Fani e si defila. Tutto qua. Nessuna mobilitazione. Niente marce né appelli.

Ha ragione, ahimé, il direttore della Gazzetta di Parma Michele Brambilla che ieri sul Giornale ha descritto acutamente il «pregiudizio favorevole» agli ex br. I neri sono «i bombaroli, gli stragisti, i doppiogiochisti». I rossi sono «i dirigenti della colonna romana o milanese delle Br». E già i vocaboli scelti indicano che su certe bilance gli uni non pesano come gli altri e come meriterebbero per i lutti seminati. Intendiamoci, l'equivoco sul partito armato è stato chiarito da tempo.

Ma certe amnesie mostrano come questo Paese debba ancora voltare pagina.

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