«Speriamo che non sia vero». Ieri pomeriggio Francesca Fumagalli, madre di Silvia Romano, affida a un messaggio su Facebook la sua reazione alla notizia che la ragazza, sequestrata quasi dieci mesi fa in Kenia, sarebbe ora in Somalia nelle mani di una entità integralista, dove sarebbe sottoposta a una sorta di indottrinamento ed è stata persino costretta a contrarre matrimonio con rito islamico. Una reazione umana, sincera, quella della madre dell'ostaggio, davanti allo scenario di una figlia cui oltre alle sofferenze della prigionia viene imposta una abiura religiosa e culturale. E c'è di più: a preoccupare la mamma di Silvia ci sono i timori per la sorte della trattativa, il rischio che la fuga di notizie blocchi i contatti - faticosamente ricuciti in queste settimane - con i predoni islamici che hanno in mano la ragazza.
È una trattativa faticosa, condotta lungo canali della cui attendibilità i nostri servizi segreti hanno dubitato a lungo. Ma ora la convinzione è di essere sulla strada giusta. E quel dettaglio trapelato ieri e riportato dal Giornale, il matrimonio islamico imposto a Silvia, è - per quanto doloroso - una conferma dell'unica cosa che in questo momento conta davvero: la cooperante italiana è viva. Non si sa in quali condizioni fisiche e psichiche, ma viva. Nel pomeriggio di ieri, lo conferma un lancio della agenzia Agi che citando fonti dell'intelligence dice che «Silvia Romano è viva e stiamo lavorando per portarla a casa». La fonte dei nostri servizi «non conferma e non smentisce» il matrimonio islamico imposto alla ragazza, il che - nella cautela della formula - è di fatto un riscontro, come anche il «no comment, invitiamo tutti alla massima responsabilità» attribuito ai vertici dei servizi dall'Adnkronos.
A venire presi (apparentemente) alla sprovvista sono i pm della procura di Roma, titolare dell'inchiesta italiana per sequestro di persona a scopo d'estorsione: «Non ci sono evidenze investigative nuove rispetto a quanto già emerso dalla collaborazione tra le autorità italiane e quelle kenyote», fanno sapere da piazzale Clodio. Ma anche questa dichiarazione (a meno di improbabili deficit di comunicazione tra servizi segreti, Ros e magistrati) fa parte di una linea che punta a tenere i riflettori bassi sulla vicenda, sperando così di agevolare la sua positiva conclusione.
Certo e confermato è che la Romano è viva, certo è confermato che si trovi in Somalia, presumibilmente nel sud ovest del paese, nelle zone controllate dalle milizie filo-Al Qaeda di Al Shabab. Il matrimonio islamico imposto alla ragazza non ha stupito gli analisti della nostra intelligence, perché corrisponde in pieno alle modalità di gestione del sequestro messi in atto in casi analoghi da gruppi integralisti islamici: dopo un primo impatto inevitabilmente duro, in cui il rapito ha modo di rendersi conto in pieno della situazione terribile in cui si è all'improvviso ritrovato e viene dissuaso da qualsiasi tentazione di fuga, arriva una «fase due» in cui si passa all'indottrinamento, al lavaggio del cervello, a una sorta di integrazione forzata con le regole ferree di una comunità chiusa ad alto tasso di radicalizzazione.
Quante e quali ferite questo trattamento abbia causato a Silvia Romano lo si scoprirà solo quando, si spera tra non molto, la ragazza potrà tornare a casa.
I soldi per il riscatto sono pronti, il canale di comunicazione è già avviato, anche se ad intermittenza. L'obiettivo ora è stringere i tempi e chiudere l'accordo prima che, nel marasma di fazioni che imperversano nel sud del paese, entrino in scena clan contrari all'accordo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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