"Andiamoci a picchiare con la polizia". Bentornata, strategia della tensione, come se i tempi non fossero già abbastanza tesi. Siamo a Genova, la cornice è la mobilitazione per l'ex Ilva di Cornigliano, stabilimento che pure il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha assicurato che non chiuderà. Ma qualcuno, qui, non rinuncia a soffiare sul fuoco della paura che serpeggia tra i lavoratori, tra proteste e presidi permanenti. E non uno qualunque, ma lo storico esponente Fiom Franco Grondona. Grondona, un passato da leader di Lotta Comunista, è uno che i bracci di ferro sull'acciaio a Genova li ha fatti tutti. Dovrebbe conoscere bene la delicata arte della mediazione tra linea dura e linea morbida, ma ieri ha scelto di andare giù pesantissimo, alzando il tiro. Prima, nonostante le assicurazioni di Urso, ha chiarito l'intenzione di "mantenere i presidi e i blocchi stradali", annunciando una marcia "verso la prefettura" per oggi, in occasione dello sciopero generale dei metalmeccanici genovesi. Poi ha bollato la proposta dell'esecutivo come "vaselina". Infine, dopo una stoccata alla premier che "fa l'europeista per pochi milioni", Grondona la fa fuori dal vaso: "Se necessario ci andiamo a picchiare con le forze di polizia dichiara - noi non abbiamo paura". Già così una minaccia palese quanto esplicita, ma poi l'ex Fiom va oltre, dichiarando candidamente il movente e peggiorando, se possibile, le cose: "Così spiega - finiamo sulle pagine dei giornali e poi sono affari del governo dire che picchiano gli operai che lottano per difendere la fabbrica e l'occupazione a Genova".
Roba da brividi, oltre che un esempio di "cerchiobottismo della violenza": prima fomento la tensione e cerco lo scontro con le forze dell'ordine, poi piango e faccio la vittima per provare a passare all'incasso. Di certo, visto il clima, tra assalti alle redazioni dei giornali e minacce esplicite di usare la violenza come strumento in una vertenza sindacale, il timore che questo continuo alzare il tiro rientri in un quadro sistemico che riporti in vita dalla tomba la strategia della tensione è evidente. Lo conferma parlando al Giornale una fonte qualificata che si occupa di sicurezza e ordine pubblico. "Domani (oggi per chi legge, ndr) a Genova c'è il concreto rischio che si verifichino violenze da parte di frange di estremisti. Ci sono infatti evidenze di una precisa strategia predisposta da chi gestirà la manifestazione per ricercare lo scontro con aggressioni mirate ai danni delle forze di polizia. Il piano prevede azioni contro la prefettura e altri palazzi istituzionali: l'obiettivo è innescare una inevitabile reazione vigorosa da parte dei reparti delle forze dell'ordine. Si vogliono ottenere scene a favore di telecamera per dare ai tg le immagini di cariche sui manifestanti". Il riferimento, più che evidente, è alle parole dell'ex Fiom, come detto inequivocabili. Anche l'esperto di ordine pubblico sottolinea poi come il copione preveda "una doppia parte in commedia. Prima spiega ancora la fonte al Giornale - come antagonisti incappucciati attaccare con ogni mezzo. Poi come manifestanti pacifici ripiegare davanti alle telecamere sotto i colpi delle cariche dei poliziotti". Il tutto con l'obiettivo di "ottenere un titolo ad effetto: Il governo carica gli operai". Per questo però, conclude l'esperto di sicurezza, "dal Viminale è stato impartito un ordine molto chiaro: contenere senza cadere alle provocazioni, difendere i target sensibili ma limitare le cariche di alleggerimento allo stretto indispensabile".
Nel 2017, intervistato da Repubblica sull'accordo di programma con Arcelor
Mittal, Grondona aveva detto: "Si può e si deve ancora lottare, quello che serve è un'idea forte, semplice, ma non semplicistica": chissà se quella di scontrarsi con la polizia è la migliore che ha partorito in otto anni.