Se lui s'offre, gli altri soffrono. Michele Emiliano dice quello che gli passa per la testa e poi vede l'effetto che fa. L'ultima volta ci ha provato ieri. Almeno due passaggi sull'argomento alleanza con i Cinque Stelle nell'intervista del Corriere della Sera al governatore pugliese candidato alle primarie dem. Uno, analitico: «I Cinque Stelle siamo noi: l'80 per cento di loro viene dal Pd e dalla sinistra». Due, sbracato: «Preferirei vincere le elezioni. Ma se si creassero le condizioni, non ci sarebbe nulla che ostacoli una collaborazione di governo».
E allora il giorno dopo gli altri, più a sinistra, restano spiazzati. Tutti hanno almeno un obiettivo comune: diventare, a vario titolo, quel che mancherà al M5s per andare a comandare. Emiliano sembra la via più difficile da percorrere. Non è un gran momento per il magistrato: il primo round tra i militanti basterebbe per dimostrare che non è mai stato in corsa per la segreteria, non gli resta che buttarla in caciara, attingere a tutto il suo sinistro populismo. Per un po' nessun grillino si è filato la sua apertura. Poi Nicola Morra non ha resistito: «Quello di Emiliano è teatro, la politica è una cosa seria».
Sipario, perché intanto è dietro le quinte che la cosa si muove. Lo scenario è ancora incerto, capire davvero con quale legge si andrà a votare fa (e molto) la differenza. Lo stato dell'arte dice che con il 40% e il premio di maggioranza Grillo potrebbe governare da solo. Infatti la parola d'ordine ripetuta da tutti è «raggiungeremo il 40%». Raggiunto già il 36% l'ipotesi non è remota. Ma se il Movimento dovesse arrestare la sua inesorabile cavalcata, se gli sviluppi del caso Monte dei Paschi (attesi come altra manna nei santuari grillini) non dovessero far salire i sondaggi, allora una stampella servirà. Ci vorrà un altro 15% per superare il 50% e garantirsi la governabilità. La decisione è già stata presa: «Bisogna vincere e governare».
Escluso un accordo con Pd e Fi, tutto il resto si può fare. Le più sottili tra le polveri sottili della sinistra di lotta, sembrano al momento anche avere le idee più confuse. Cinque Stelle e Sinistra italiana hanno diverse cose in comune: ostentano onestà, vogliono il reddito di cittadinanza e pure su incapacità di governo potrebbero trovare un'ampia intesa. Ma nella sede comunista di Si giurano che «di una possibile alleanza con i Cinque Stelle non si è mai parlato». Ora il segretario Nicola Fratoianni preferisce al dialogo con i Cinque Stelle quello con Maurizio Acerbo, nuovo numero uno di Rifondazione. Inoltre il caso Genova non sembra un buon preludio per future alleanze: nel capoluogo ligure Paolo Putti, fuoriuscito dai Cinque Stelle, potrebbe correre per «Effetto Genova», dopo aver raccolto l'invito di Pippo Civati, il sostegno di Sergio Cofferati, Sinistra Italiana e forse pure quello di Rifondazione. Chiaro? Qui l'alleanza di sinistra non si farà con Grillo, ma con i suoi nuovi nemici. Così torna d'attualità l'idea che da mesi sta nella testa di Massimo D'Alema, prima ancora che nascesse Mdp.
E da mesi, in questa storia, c'è anche un bivio, per Beppe Grillo: governare con l'appoggio della sinistra o della destra. Con la Lega restano abboccamenti e convergenze. Con D'Alema e Bersani pure. Nella testa di Grillo la sinistra sembra più affidabile.
A Roma il flirt della Raggi con la destra è stato un disastro. Mentre a Torino il modello Appendino pare funzionare. Cementato da un nemico comune che lega la sindaca di Torino, il leader comico e l'ex leader Massimo: il disprezzo per Renzi e le sue ministre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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