Operazioni avio trasportate, corpi speciali, artiglieria dei marines, batterie missilistiche e appoggio aereo con caccia bombardieri ed elicotteri Apache. Circa mille soldati americani sono già dispiegati nel nord est della Siria in appoggio alle forze dell'alleanza curda, araba e cristiana, che sta avanzando su Raqqa, la prima «capitale» dello Stato islamico. In confronto i 59 missili lanciati ieri sulla base aerea governativa sono punture di spillo. Alle 4.40 del mattino, ora siriana, i missili Tomahawk sono stati lanciati da due navi da guerra americane - la Uss Porter e la Uss Ross - al largo nel Mediterraneo. L'obiettivo era la base di Al Shayrat, vicino ad Homs, da dove, secondo il Pentagono, sono partiti gli attacchi aerei con il gas nervino, che martedì scorso hanno fatto un centinaio di vittime tra civili e ribelli salafiti nella provincia settentrionale di Idlib. Gli americani hanno avvisato i russi poco prima dell'attacco missilistico. Il risultato è la distruzione di 6 caccia Mig 23, ma che sembra si trovassero negli hangar in riparazione e la morte di 6 militari di guardia oltre a 9 civili, compresi 4 bambini, secondo Damasco. Il grosso delle forze aeree, anche russe, sono state evacuate in tempo. La prima risposta muscolare di Mosca è l'invio della fregata «Admiral Grigorovich», della flotta del Mar Nero, che rafforzerà la flotta navale del Cremlino nel Mediterraneo. La fregata è armata con missili da crociera Kalibr, la versione russa dei Tomahawk.
In realtà le operazioni in grande stile ordinate dalla Casa Bianca in Siria sono entrate nel vivo ben prima del lancio dei missili, il 21 marzo, con una spettacolare azione avio trasportata. Gli elicotteri americani Ch 47 hanno fatto scendere 500 combattenti alle spalle delle postazioni delle bandiere nere alla diga di Al Tabqa aggirandole sul fianco sud. Il resto delle truppe avanzava via terra da nord. L'obiettivo sul fiume Eufrate si trova a soli 113 chilometri da Raqqa e conquistarlo aprirebbe la via alla principale direttrice d'attacco per liberare la «capitale» dello Stato islamico. Negli ultimi quattro mesi i caccia della coalizione anti Isis a guida Usa hanno lanciato 300 raid attorno a Raqqa per preparare l'offensiva. Le forze d'assalto sono composte soprattutto dai combattenti curdi del Ypg, che la Turchia considera un'organizzazione terroristica. Le Unità di protezione popolare sostengono di avere 40mila uomini sotto le armi, ma il numero è sicuramente esagerato. Nei loro ranghi combatte anche un pugno di volontari italiani filo curdi. Il Ypg è alleato delle milizie cristiane assire anti Assad nel Nord del paese e delle tribù sunnite che combattono lo Stato islamico, purtroppo una minoranza, legata al clan Shamar.
Dall'inizio di marzo truppe del 75° reggimento Ranger sono entrate in Siria e si muovono con blindati e carri leggeri che sventolano la bandiera Usa. Il Pentagono ha schierato anche l'artiglieria di 155 millimetri dei marines ed i temibili missili terra terra Himars a guida Gps, che vengono lanciati a 60 chilometri di distanza dagli obiettivi. Sul terreno operano da tempo i corpi speciali Usa, che appoggiano i curdi nell'avanzata. Il colonnello Jonathan P. Braga, ex vice comandante della Delta force, è stato nominato alla guida delle operazioni in Siria.
La Casa Bianca aveva autorizzato l'invio di 500 uomini, ma con i rinforzi d'artiglieria sarebbero arrivati altri 400. Lo scorso mese sono stati utilizzati per la prima volta gli elicotteri d'attacco Apache sul territorio siriano. L'attacco missilistico di ieri ha galvanizzato i senatori repubblicani interventisti, primo tra tutti John McCain, che in marzo si era recato nel nord est della Siria. La base principale utilizzata dagli americani si trova vicino alla città curda di Hasaka. Il colonnello Joseph E.
Scrocca, uno dei portavoce della coalizione anti Isis del quartier generale a Baghdad, ha spiegato «che i combattimenti per conquistare la diga di Al Tabqa, la vicina cittadina e l'aeroporto dureranno settimane». E poi le truppe locali con l'appoggio militare Usa marceranno su Raqqa, l'ultima «capitale» ancora saldamente in mano al Califfo.www.gliocchidellaguerra.it
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