Cancellare Salvini conservando il salvinismo. È l'impresa impossibile che la maggioranza sta tentando con la regia di Rocco Casalino e i buoni uffici di Giuseppe Conte. In fondo i 5s, l'avevano detto: niente abrogazione dei decreti sicurezza, solo l'aggiustamento minimo, quello indicato dal Capo dello Stato, tra l'altro in modo non vincolante.
Il decreto sull'immigrazione presentato ieri è uno dei tasselli della campagna di posizionamento mediatico sul tema più scottante, quello dell'immigrazione. E il primo provvedimento del governo in materia è addirittura una norma attuativa del «Decreto sicurezza uno» di Salvini. Nei fatti, non solo non c'è una vera marcia indietro sulla linea salviniana, ma addirittura si prosegue sulla falsariga indicata dal vecchio inquilino del Viminale. Giuseppe Conte in prima persona esalta il provvedimento come «un grande passo avanti perché ci consentirà di intervenire su un tema su cui siamo sempre stati deficitari in Italia. Sarà una grande svolta velocizzare i rimpatri». Una svolta, un balzo in avanti: toni entusiastici, cui si aggiunge Luigi Di Maio, specificando che la misura «porterà da due anni a quattro mesi i rimpatri verso 13 Paesi».
Ma cosa c'è in questa norma dagli effetti miracolosi: sono tre pagine, solo quattro articoli, tre dei quali sono di prassi. Il testo è tutto nelle otto righe dell'articolo 1 che elenca i 13 Paesi che l'Italia per definizione ritiene «sicuri». Dunque, chi fa domanda di asilo ed è in arrivo da queste nazioni otterrà un rifiuto più rapidamente. Un piccolo risultato, ma di certo non una svolta. «La norma andava approvata e il precedente governo avrebbe potuto farlo già nel 2018 - spiega Gregorio Fontana, deputato di Forza Italia esperto della materia- il problema però, è che una volta rifiutato l'asilo si potrà solo comunicare al migrante l'espulsione, ma senza accordi con i Paesi di provenienza e senza risorse per i rimpatri non cambia granché: avremo solo più clandestini». E infatti Luigi Di Maio ammette, ma facendosene vanto, che con questa norma «non ci sono oneri di spesa». E infatti l'ex sottosegretario all'Interno Nicola Molteni non sconfessa il nuovo decreto: «Nessuna novità, Di Maio si prende i meriti della Lega e conferma, nei fatti, che il M5s aveva boicottato il lavoro del ministro Salvini». Ma il modo con cui è stato presentato un provvedimento così modesto e così in linea con la linea Salvini, conferma le intenzioni del governo: non ci sarà un vero cambio di rotta sull'immigrazione.
Conte e i suoi però hanno bisogno di raccontare una «discontinuità»: abbassando i toni, smarcandosi dalla comunicazione aggressiva di Salvini e, soprattutto, depoliticizzando la questione per evitare che venga usata come cavallo di battaglia leghista nelle urne.
Proprio per questo la poltrona di Salvini è stata affidata a un tecnico come il prefetto Luciana Lamorgese, ieri completamente bypassata, non senza qualche disappunto: «Sicuramente questo provvedimento, che è interministeriale - ha precisato - può abbreviare i tempi». Ma, ha frenato, «dire un mese, due mesi... non do numeri senza avere delle prove».
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