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Smentita subito la bufala dell'Italia sotto tutela Ue

"Repubblica" spara: arrivano gli 007 della Commissione. Bruxelles e Palazzo Chigi: "Macché, solo tavoli tecnici"

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La battaglia elettorale per le Europee si combatte (anche) a colpi di fake news. È Repubblica a lanciare il sasso: «Ue, Italia sotto esame» e ancora «oggi i tecnici della Commissione interrogano l'esecutivo su premierato, giustizia e libertà di stampa». Si evoca un presunto «retaggio antieuropeista di Giorgia Meloni», possibili «timori sulle leggi sovraniste» e le rischiose ricadute delle riforme «su Quirinale e Costituzione», come se l'Europa facesse un processo preventivo alle riforme del governo. Tutte balle. Ignari della figuraccia che stanno per fare, i Cinque Stelle cavalcano la versione di Repubblica e sparano a zero: «Bruxelles è preoccupata, Italia sotto tutela», ma a stretto giro di posta Palazzo Chigi demolisce la narrazione del quotidiano: «Nessuna ispezione, solo una breve riunione a livello tecnico in videoconferenza e programmata da tempo per tutti gli Stati membri». Anche il portavoce dell'esecutivo Ue Christian Wigand ribadisce: nessuna delegazione, solo tavoli online.

Dal pressing sul Mes alle menzogne sul salario minimo che «ci chiede l'Europa» sono mesi che la sinistra utilizza la clava dell'Unione europea per lanciare allarmi su una fantomatica deriva estremista che non si materializza mai. Ma su quali questioni la Ue avrebbe dubbi? La riforma del premierato sarà costituzionale e di legislatura, il dialogo con l'opposizione su equilibrio di poteri ed elezioni anticipate è in corso. Sono anni che si discute (inutilmente) di conflitto d'interessi, né il Pd né M5s quando erano al governo (insieme) hanno mai affrontato la questione con una riforma di sistema. La necessaria codifica del ruolo delle lobby si intreccia con l'annosa questione del finanziamento ai partiti e del «traffico d'influenze» previsto dall'articolo 346-bis, che infatti verrà riformato.

Capitolo giustizia: oggi il Guardasigilli Carlo Nordio sarà a Palazzo Madama, si vota per l'abolizione del reato di abuso d'ufficio, caldeggiata anche dal Terzo polo e dalla stragrande maggioranza dei sindaci Pd, le cui ambiguità interpretative hanno portato a contrasti tra le Sezioni della Corte Suprema di Cassazione», come aveva sottolineato in commissione Giustizia l'avvocato Ivano Iai. «Abbiamo un arsenale di leggi contro questi reati», è la posizione di Nordio, che di questo ha già parlato ampiamente con il commissario Ue alla Giustizia Didier Reynders. Ma a smentire il mantra «ce lo chiede l'Europa» era stato il professor Luigi Stortoni, emerito di Diritto penale a Bologna: «Sia l'Onu sia la Ue non impongono un obbligo d'incriminazione per abuse of functions ma una incriminazione meramente facoltativa».

Tra le doglianze della Ue ci sarebbe «la libertà di stampa e il diritto dei cittadini a essere informati». Domani si discute a Palazzo Madama la norma che renderebbe impubblicabile, anche parzialmente, l'ordinanza di custodia cautelare, come proposto da Enrico Costa di Azione su un testo che ha già l'ok della Camera. Il tema è il diritto alla presunzione d'innocenza e la direttiva 2016/343 che il governo di Mario Draghi ha recepito (vedi la riforma di Marta Cartabia). Forza Italia difende anche la stretta sulle intercettazioni, impubblicabili per i terzi captati ma non indagati, la salvaguardia delle conversazioni tra legale e cliente che invece finiscono sui giornali (vedi il caso di Alessia Pifferi a Milano), la stretta sul sequestro dei cellulari e sui trojan, anche alla luce delle recenti sentenze della Consulta (caso Matteo Renzi-Open) sull'inviolabilità della corrispondenza senza l'ok di un giudice, anche se non si è parlamentari.

Persino la separazione delle carriere sarebbe tra i crucci della Ue. Nelle prossime settimane arriverà in Parlamento un testo di Pietro Pittalis (Forza Italia) che prevede: diverso accesso alle carriere e formazione per magistratura inquirente e giudicante e due Csm, non certo la sudditanza delle toghe all'esecutivo. Anche Giovanni Falcone vagheggiava la necessità di separare le carriere dettata dal nuovo Codice nel 1989 di Giuliano Vassalli, per il sistema «triadico» che aveva sublimato la terzietà e l'imparzialità del giudice, in omaggio all'articolo 111 della Costituzione.

Quanto alla governance Rai, chi blatera di presunte «interferenze politiche sull'indipendenza della tv di Stato» non ha visto Sanremo e i cascami su Israele (ma non solo). Al Pd di Elly Schlein non credono più neanche i teorici alleati M5s.

Quanto ai dubbi Ue sul canone ridotto da 90 a 70 euro, è uno scostamento a saldo zero che non inficia i finanziamenti alla tv di Stato.

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