di Andrea Cangini *
In un Paese sano, i cittadini scenderebbero in piazza per difendere l'inalienabile diritto a un giusto processo. In Italia no. L'abolizione della prescrizione cara al Movimento 5 Stelle infiamma il dibattito politico nel Palazzo, ma suscita indifferenza nel Paese. Di più, secondo un sondaggio realizzato da Antonio Noto la maggioranza relativa degli italiani sarebbe favorevole al «processo a vita». Trionfa, dunque, la logica del tutti colpevoli fino a prova contraria cara ai dottor Davigo. E trova conferma l'amara riflessione svolta nei giorni scorsi da Angelo Panebianco sul Corriere della Sera: se l'ordine giudiziario tiene in scacco il potere politico è perché parte delle élite e una quota consistente della società sono intimamente giustizialiste, non avendo introiettato i principi liberali dello Stato di diritto.
Qualche settimana fa, in commissione Istruzione del Senato abbiamo audito due storici di valore, Guido Crainz e Beppe Vacca. Ricchi di buonsenso, di equilibrio e di moderazione ci hanno spiegato quanto lo studio della Storia sia importante perché gli anticorpi democratici e la consapevolezza si facciano largo nella testa e nel cuore della Nazione. Discorso ineccepibile, ma non ho potuto non notare che in gioventù il primo dei nostri autorevoli e democratici ospiti militava in Lotta continua e il secondo nel Fuan, l'organizzazione universitaria del Movimento sociale italiano. È stata una notazione indelicata, ma forse utile a mettere a fuoco il problema. Il problema è che, evidentemente, la società italiana è incline al radicalismo e piuttosto refrattaria ai valori liberal-democratici. Se non iniziamo a ragionare su di noi e sull'origine di questo nostro sentimento nazionale la retorica della Storia come maestra di vita ci porterà poco lontano.
In effetti, non ci siamo privati di nulla. Abbiamo avuto il Fascismo, la guerra di classe in forma di guerra civile, il partito comunista più forte d'Occidente, il '68, le Br, il «brodo di coltura» delle Br, l'estremismo nero, le mafie... fino all'antipolitica sobillata dalla borghesia illuminata, al conseguente exploit elettorale del Movimento 5 Stelle e al primo governo, il Conte1, più «populista» d'Europa dopo quello ungherese. Siamo terreno fertile per la demagogia, l'estremismo, il giustizialismo.
Rifiutiamo di crescere, scarichiamo con violenza ogni responsabilità. Fare i conti con la nostra storia risalendo alle cause del nostro malessere sarebbe importante tanto quanto varare una buona riforma della Giustizia.*Senatore di Forza Italia
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