Bepi Castellaneta
Bari Ha ucciso la figlia di tre mesi, Emanuela, soffocandola nella stanza dove era ricoverata; le ha premuto le mani su bocca e naso mentre lì accanto c'era un altro bimbo che dormiva, pochi istanti ma sufficienti a strapparle la vita e scrivere l'ultimo atto di un folle copione criminale che s'era fatto inesorabilmente strada nella sua mente giorno dopo giorno: questo è quanto emerso dalle indagini dei carabinieri sulla tragedia che si è consumata la notte fra il 12 e il 13 febbraio nell'ospedale Giovanni XXIII di Bari.
I militari hanno notificato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a Giuseppe Difonzo, 29 anni, il padre della bambina, già detenuto per violenza sessuale su una minorenne. Secondo gli investigatori non ci sono dubbi: l'assassino è lui, un uomo affetto dalla sindrome di Munchausen, patologia psichiatrica che induce i genitori a costruirsi una realtà parallela immaginando che i figli siano malati. Un pretesto per sottoporli a esami inutili e dannosi, un modo per attirare l'attenzione.
Lo scenario tratteggiato nell'inchiesta sembra trovare conferma anche in alcune intercettazioni. «Emanuela è stata uno strumento nelle mani di Dio, ha vissuto solo tre mesi e mezzo perché è stata mandata da Dio per fermarlo», dice la madre del presunto assassino in una telefonata. Ma l'ipotesi dell'omicidio ha preso ulteriore consistenza dopo le rivelazioni di un testimone oculare, un bambino di appena tre anni che era ricoverato nella stessa stanza. Gli inquirenti lo hanno ascoltato con tutte le precauzioni necessarie, hanno sistemato un bambolotto su un tavolo e lui ha mimato i gesti fatti dal 29enne nello stesso giorno dell'omicidio, poche ore prima, intorno alle 12,30: l'uomo lo avrebbe distratto facendolo giocare con il telefono cellulare tentando poi di uccidere la figlia coprendole il volto e la pancia con le mani.
Un piano in quel momento naufragato solo perché arrivarono medici e infermieri, un folle disegno messo temporaneamente da parte e portato a termine più tardi, quando la mezzanotte era passata da circa un'ora e l'ospedale era avvolto nel silenzio. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la madre di Emanuela è uscita dalla stanza per andare a fumare una sigaretta; a quel punto il padre ha colto con ferocia l'occasione, si è avvicinato al lettino dove dormiva la figlia e l'ha soffocata; quindi - ritengono gli inquirenti - ha indossato la maschera dell'uomo disperato, ha finto di essere in preda al panico e ha chiesto aiuto. Ma Emanuela era ormai cianotica, non c'era più niente da fare.
In realtà l'allarme attorno a quella situazione ad alto rischio era scattato diverso tempo prima. Già a dicembre dello scorso anno dal reparto di neonatologia del Policlinico era stata avanzata l'ipotesi che la bambina potesse aver subito maltrattamenti e il 15 gennaio il Tribunale per i minorenni la affidò ai servizi sociali di Altamura affinché venisse sistemata in una comunità.
Ma il provvedimento viene fuori dalle carte dell'inchiesta - venne revocato due settimane dopo sulla base della relazione di assistenti sociali, curatore e genitori. Risultato: la piccola fu riaffidata al padre e alla compagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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