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Il sogno del governo: accontentare tutti con appena due miliardi

Nel nuovo decreto ristori anche alle aziende finora escluse. Ma non vuole altro deficit

Il sogno del governo: accontentare tutti con appena due miliardi

Due miliardi e mezzo per le imprese danneggiate dalle misure restrittive dell'ultimo Dpcm. Palazzo Chigi ieri non aveva ancora messo a punto il nuovo regime con chiusure e limiti per arginare il contagio, ma al ministero dell'Economia già si preparavano le misure a sostegno delle aziende colpite. Da inserire in un nuovo decreto oppure come emendamenti al precedente decreto ristori che ieri ha iniziato il suo percorso in commissione al Senato.

Strada forse più efficace perché vincola i ministri all'iter del decreto mettendo un limite temporale alle trattative.

Il valore del primo decreto ristori salirebbe quindi da 5 a 7,5 miliardi di euro. E includerebbe misure ad hoc legate all'ultimo Dpcm. Le ricette al momento sono quelle già sperimentate e rafforzate, con l'aggiunta del criterio geografico, naturale conseguenza della divisione del Paese in aree.

Ma la trattativa tra partiti della maggioranza e tra ministeri degli ultimi giorni è in realtà concentrata nell'inclusione di categorie fino ad oggi escluse dagli aiuti. Ieri sono arrivate le proteste di pizzerie a taglio, rosticcerie, piadinerie e paninoteche per bocca del presidente della Fapi (Federazione autonoma piccole imprese), Gino Sciotto. Il precedente decreto aveva già accantonato un cifra, 50 milioni, per l'eventuale inclusione di nuovi codici ateco (quelli che indicano le categorie economiche), insufficiente ad accontentare gli esclusi dagli aiuti. Il decreto bis, o gli emendamenti al primo decreto Ristori, dovrebbero aumentare anche questa dotazione.

Il governo anche ieri ha garantito che il nuovo decreto sarà finanziato senza fare ricorso a nuovo deficit. Nessun ulteriore scostamento nel saldo di bilancio, con relativo passaggio parlamentare.

I nuovi aiuti dovrebbero essere coperti da un margine di deficit ancora disponibile, pari a circa 0,1 punti di Pil rispetto allo scostamento di bilancio al momento autorizzato, che è pari al 10,8% del Pil.

Mancano appello poche centinaia di milioni di euro, facilmente reperibili tra i risparmi che avevano già finanziato il primo decreto.

Tra le misure che potrebbero portare risparmi in futuro c'è il cosiddetto «sblocca debiti» della Pubblica amministrazione. Ennesima puntata della vicenda dei debiti commerciali che le varie pubbliche amministrazioni hanno verso committenti privati, imprese, professionisti e fornitori.

Con il primo decreto anticrisi il governo aveva liberato 12 miliardi, concedendo alle autonomie locali, alla Sanità e agli altri enti pubblici la possibilità di saldare i propri debiti a condizioni vantaggiose. Visto lo scarso successo delle misure, con il decreto Agosto era stato concesso altro tempo per saldare i debiti della Pa.

La misura si è rivelata un flop. Ieri il Sole24ore ha calcolato che in tutto sono stati utilizzati due miliardi prima e ora, con il rinvio, solo 110 milioni di euro. Liquidità sottratta alle imprese che hanno a che fare con lo Stato. In violazione delle regole europee, tanto che l'Italia è ancora sotto infrazione per i ritardi nei pagamenti. A frenare, come sempre, la complessità delle norme che scoraggia gli stessi funzionari e dirigenti pubblici. Non vogliono rischiare l'accusa di danno erariale.

E così lo Stato non paga.

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