Soldati Usa in quarantena Vicenza trema per Ebola

Undici militari anti contagio tornano dalla Liberia e in città scatta l'allarme. Ma il prefetto rassicura: «Non presentano alcun sintomo»

Ebola è già arrivato in Italia? Forse non ancora, ma il clima che si respira in queste ore è quello del massimo allarme. Non solo per i continui sbarchi di immigrati provenienti dall'Africa, molti dei quali evitano i controlli sanitari, ma soprattutto per l'emergenza scoppiata a Vicenza. Nella base americana della caserma Del Din, infatti, sono stati messi in quarantena 11 militari americani appena rientrati da una missione in Liberia, uno dei paesi africani colpiti dall'epidemia.

Le autorità americane, il prefetto e il sindaco della città hanno subito rassicurato l'opinione pubblica: «Nessuno presenta i sintomi del contagio da virus». Ma la decisione del Pentagono di mettere in quarantena tutte le truppe americane in rientro dai paesi colpiti da Ebola, una semplice misura precauzionale, non stempera certo le paure degli italiani. Anche perché la gran parte dei 900 militari degli Stati Uniti impegnati nelle aree a rischio proviene dalla base americana di Vicenza. La caserma Del Din, infatti, ospita la 173ma Brigata aviotrasportata, reparto che opera alle direttive di AfriCom, il comando delle missioni Usa in Africa con sede a Stoccarda.

I paracadutisti americani rientrati dalla Liberia dovranno restare in isolamento nella base per 21 giorni, continuamente monitorati e senza possibilità di contatto con le famiglie. Al momento la situazione non sembra destare preoccupazioni, la quarantena è una procedura standard e i sanitari in queste tre settimane dovranno verificare che i militari non presentino i sintomi di Ebola, come febbre alta, dolori muscolari, emorragie, vomito o diarrea. In tal caso dovranno seguire un altro protocollo che prevede il ricovero all'ospedale in stanze attrezzate e il totale isolamento.

Ebola è ormai diventato uno spettro che aleggia quotidianamente nelle nostre vite. Gli allarmi, falsi finora, si susseguono e la paura si sta pian piano trasformando in psicosi. Ma la prudenza non è mai troppa. Ieri, ad esempio, la capitaneria di porto di Marina di Carrara ha bloccato in rada una cargo proveniente dalla Guinea. «La nave entrerà in porto solo se la sicurezza sanitaria sarà certa e i rischi ridotti a zero», ha detto il comandante della capitaneria, il quale sta valutando assieme alle autorità se tenere a bordo l'equipaggio durante le operazioni di carico. Eccesso di prudenza? Tutt'altro. Ben vengano le precauzioni della capitaneria e delle autorità americane. Il nostro governo dovrebbe attrezzarsi a fare altrettanto. Perché queste misure un po' stridono con l'opposto, e pericoloso, atteggiamento che abbiamo nell'accogliere profughi e clandestini, ai quali abbiamo aperto le porte con l'operazione Mare Nostrum.

Gli altri Paesi stanno andando in tutt'altra direzione. Come ad esempio l'Australia, il cui governo ieri ha deciso di sospendere l'immigrazione dai paesi occidentali dell'Africa per tentare di impedire che il virus possa arrivare sul proprio territorio. Il ministro dell'Immigrazione Scott Morrison ha infatti annunciato che è stato sospeso «il programma di immigrazione, compreso quello umanitario, in provenienza dai paesi colpiti dal contagio». In pratica, non saranno più concessi visti e saranno annullati quelli già accordati a persone che non hanno ancora lasciato l'Africa.

Insomma, bocciatura totale delle frontiere aperte. Forse è il caso che anche il governo Renzi rifletta e prenda in considerazione che continuare a sostenere Mare Nostrum significa mettere a rischio la salute degli italiani.

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