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Soldi per i terremotati spariti: vogliono già insabbiare tutto

La procura di Rieti non vede reati: "Bolla di sapone". Un pretesto per nascondere le responsabilità politiche

Soldi per i terremotati spariti: vogliono già insabbiare tutto

Tutto insabbiato. Non è certo colpa della procura di Rieti, il cui capo Giuseppe Saieva ha già chiarito che il fascicolo aperto dopo le dichiarazioni del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, sulla «sparizione» delle donazioni post-sisma arrivate via sms avrà vita breve: «Una bolla di sapone». Quei soldi, in effetti, non sono spariti. Non c'è molto di penale su cui indagare, non c'è un giallo da risolvere, e l'archiviazione sembra la strada più naturale, considerando che quei milioni di euro sono al sicuro nei conti della Protezione civile. Di penale, invece, c'è l'indagine per truffa a carico di 120 romani che, sfruttando la residenza «fittizia» ad Amatrice, sono stati pizzicati dalla procura reatina a incassare il contributo (da 400 a 900 euro) erogato alle vittime del sisma che prendono casa in affitto. Mentre le vittime vere, magari, vivono nelle baracche.

A finire insabbiate, però, saranno le vere responsabilità che hanno portato alla denuncia di Pirozzi. Non penali, politiche. Quelle per cui i milioni di italiani che hanno donato 2 euro per il terremoto del centro Italia con l'sms solidale rischiano, come dice il sindaco, di veder «tradita» la propria volontà. Certo, non è pensabile che ognuno «orienti» la propria generosità, decidendo dove e come impiegare il proprio mini-contributo. Ma non tutti gli interventi sono accettabili, come ha mostrato la polemica scatenata dall'annuncio della Regione Marche di voler utilizzare quei fondi per una pista ciclabile. Chi ha donato sull'onda dell'emozione pensava di aiutare le popolazioni colpite, non di finanziare politici locali con interessi più variegati e urgenze, magari, di diverso genere. Ad approvare e monitorare i progetti proposti dalle Regioni è un comitato dei Garanti. Che, a luglio, ha almeno avuto il «merito» di congelare sull'onda delle polemiche la proposta della pista ciclabile. Chiedendo «approfondimenti» ulteriori, non depennandolo. Ora la polemica si sposta su interventi per consolidamento di scuole ed edifici pubblici, oggetto del contendere perché dentro o fuori i confini del cratere. Ad Amatrice, per esempio, dei soldi di quegli sms non ne arriveranno. Eppure le immagini del tappeto di macerie steso intorno al solo campanile rimasto in piedi hanno smosso le coscienze e le dita sulle tastiere dei telefonini. Per la protezione civile non c'è mistero e non c'è scandalo. Amatrice, come Accumoli, proprio grazie all'attenzione mediatica ha ricevuto fondi a sufficienza. Tutto bene, dunque. Se non fosse che poi lì in quei paesi sventrati dal sisma la «macchina della ricostruzione» non sembra procedere affatto spedita. Le macerie sono ancora lì, le casette non sono ancora state consegnate a tutti quelli che hanno perso la casa. Altri, tanti, aspettano ancora di capire come e quando potranno riparare le abitazioni da cui sono stati allontanati perché inagibili, e nel frattempo per dormire la notte devono arrangiarsi. Mentre i furbi, come si diceva, lucrano anche sul dramma. Eppure nell'ultima settimana di agosto 2016 le prime tre cariche dello Stato, sfilando tra le rovine, avevano promesso: «Non vi abbandoneremo». E per chi vive quel disastro sulla propria pelle tutti i giorni 13 mesi dopo, distinguere tra responsabilità penali e politiche non è prioritario. Quello che conta è non insabbiare le vittime.

Non rendere endemica l'emergenza.

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