Solo 40 famiglie su 300mila pronte ad ospitare i rifugiati

Fallisce la super-campagna del Comune: in pochissimi rispondono al bando. Per ora via libera solo per 5 nuclei

Solo 40 famiglie su 300mila pronte ad ospitare i rifugiati

Una ventina di gommoni soccorsi dall'alba. La guardia costiera è intervenuta ieri al largo del Mediterraneo per portare in salvo oltre seimila profughi. Nove i cadaveri recuperati. Nelle stesse ore la presidente della Camera Laura Boldrini scriveva su Twitter che «è necessario fermare i conflitti» e a Lampedusa si teneva la cerimonia della Giornata della memoria e dell'accoglienza per commemorare i 368 migranti vittime del naufragio del 3 ottobre 2013. Sono passati tre anni, l'emergenza sbarchi continua. «A Lampedusa si celebra la giornata dell'ipocrisia - ha polemizzato il segretario federale della Lega Matteo Salvini -. A ricordare i 386 immigrati annegati nel Mediterraneo ci saranno quei politici buonisti che, invitando tutti a partire e aiutando gli scafisti, hanno migliaia di morti sulla coscienza». Bisogna «accogliere chi scappa dalla guerra, fermare tutti gli altri. Il resto è business, sulla pelle dei nuovi schiavi e a spese degli italiani».

Italiani che hanno raggiunto il limite. Basta per tutti il caso Milano, che sull'accoglienza ha dato e continua a dare ben oltre la presunta distribuzione di quote secondo il numero dei residenti. Dall'ottobre 2013 ha accolto 106mila profughi. Fino all'anno scorso solo il 2 per cento chiedeva asilo politico, la quasi totalità era di passaggio e puntava a Germania, Francia, Paesi del Nord. Oggi la percentuale di chi vuole stabilirsi in pianta stabile sotto la Madonnina è salita all'80%. Ieri mattina una centinaio di residenti ha organizzato una «passeggiata di protesta» per dire no alla trasformazione di una caserma in campo profughi. Una «soluzione «temporanea, saranno in trecento e resteranno solo fino al dicembre 2017» ha chiarito il sindaco Giuseppe Sala. «Solo» 14 mesi. Per calcare sullo spirito di accoglienza dei milanesi, un ex consigliere del Pd incaricato dal Comune di supervisionare i centri di accoglienza pubblicava due sere fa su Facebook una fotografia della «banda degli Ottoni che insieme a tanti cittadini danni il benvenuto ai profughi ospitati nell'ex Palasharp», altra soluzione contestata nelle scorse settimane. Le trombe dei musicisti si vedono bene, un pò meno la folla descritta dall'esponente Dem, colpa del buio forse. Chiarissimi sono i numeri, più di tante parole. Il Comune ha lanciato a inizio anno un bando per chiedere ai milanesi di accogliere per sei mesi un profugo in casa propria. Su oltre 300mila famiglie si sono fatte avanti in quaranta. L'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino, che allora era in campagna per le primarie contro Sala e oggi è nella sua giunta (ancora al Welfare) lo presentò come un gran successo. Tanto rumore per nulla: sono passati dieci mesi e la giunta, come ha riferito lo stesso assessore, ha avviato ad oggi il test solo con 5 famiglie. «Quelle disponibili sono una cinquantina, abbiamo intenzione di proseguire» assicura. Sarà. Sicuramente erano già 40 meno una a gennaio. Tra gli iscritti figurava anche il capogruppo della Lega Alessandro Morelli, che non ha partecipato al bando per spirito di accoglienza ma per sorvegliare il funzionamento del sistema. Al primo incontro con i dirigenti comunali, «se va bene c'erano una ventina di nuclei» riferisce. Quelli entusiasti a fine serata, anche meno. Una coppia radical chic ha alzato la mano definendosi «famiglia di artisti» e ha chiesto di poter ospitare «uno scrittore in fuga da Paesi in guerra». Un'altra puntava al contributo sulla bolletta di luce e gas. Negativo, il Comune assegna già tra i 350 e 400 euro al mese per vitto e alloggio.

Tre incontri con i migranti sorvegliati da psicologi, ispezione della casa (richiesti camera e bagno, possibilmente dedicato). A pensar male, le 5 famiglie selezionate fino ad oggi rischiano anche di rimanere le uniche.

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