Politica

"È solo questione di tempo". La profezia (del 2018) sulla guerra in Ucraina

L'intervento del prof Alessandro Orsini al Senato nel lontano 2018 sulle tensioni tra Russia e Ucraina: "C'è una possibilità di sfondamento delle linee ad Est"

"È solo questione di tempo". La profezia (del 2018) sulla guerra in Ucraina

Era possibile prevedere il conflitto in Ucraina? Avremmo potuto evitarlo? C’erano dei segnali che avremmo dovuto cogliere? Si tratta di interrogativi inutili, ormai, a cambiare gli eventi della storia. L'invasione russa a Kiev è in atto. E gli scenari sono cambiati. Eppure la risposta a quelle domande sembra essere affermativa: sì, qualcuno l'aveva previsto.

Era il 4 dicembre del 2018. Alla Commissione Affari Esteri del Senato viene invitato a parlare Alessandro Orsini, direttore di Sicurezza Internazionale e autorevole professore della Luiss, una “Cassandra” moderna oggi finita nell’occhio del ciclone perché considerato troppo schiacciato sulla teoria delle “responsabilità della Nato” nell’esplosione del conflitto ucraino. Erano altri tempi: alla Casa Bianca sedeva Donald Trump, a Palazzo Chigi Giuseppe Conte e il Cancelliere della Germania portava ancora il nome di Angela Merkel. Attori diversi, stessi problemi che il professor Orsini aveva riassunto così: “Nell’Est Europa stanno avvenendo dei fatti molto gravi, destinati ad aggravarsi, con la possibilità di uno sfondamento delle linee occidentali da parte dell’esercito russo”. Un'ipotesi che moltissimi analisti, anche il giorno precedente al via della cosiddetta "Operazione Speciale" di Mosca, ritenevano impossibile se non addirittura retaggio di un passato imperialista ormai svanito. Si sbagliavano. E Orsini l’aveva capito con tre anni di anticipo (guarda qui il video completo).

Il professore nel 2018 prevedeva infatti la possibilità di uno “sfondamento” vecchio stile sia a Kaliningrad, l’exclave russa tra Polonia e Lituania, sia in Ucraina, dove da quattro anni si stava già combattendo la guerra del Donbass, dove Mosca si era annessa la Crimea e aveva già “ammassato molte truppe”. Certo era difficile immaginare uno scenario simile a quello odierno, eppure per Orsini per evitare l’escalation occorreva tenere a mente alcuni fattori. Uno in particolare: “La strategia di Putin dipende dalle mosse dell’Occidente”. Tradotto: ciò che avrebbero fatto la Nato e l’Ue negli anni a venire avrebbe prodotto determinate reazioni da parte di Mosca. Le sanzioni post Maidan in fondo servivano a questo: a disincentivare la Russia dall'invasione. Ma Putin ha in Ucraina “interessi geopolitici enormi”, riteneva allora (e ancora ritiene) che l’Occidente gli abbia strappato di mano qualcosa che gli apparteneva. E quindi stava solo aspettando il momento giusto per riprendersela. “È una questione di tempo - vaticinava il professore nel 2018 - e soprattutto dipende dagli incentivi o dai disincentivi che l’Occidente fornirà" allo Zar. La situazione è rimasta stabile per otto anni, dal 2014 al 2022, poi l’equilibrio si è rotto. Cosa ha provocato il patatrac?

“Dopo l’annessione della Crimea - spiegava Orsini - La Svezia ha avviato esercitazioni molto importanti” in un’isola strategica. Poi va ricordata “l’enorme esercitazione della Nato in Norvegia”, una manovra da scenario 5, ovvero l’articolo dell’Alleanza che costringe gli Stati membri a intervenire in difesa di un Paese sotto attacco. E infine “Bucarest 9”, un’alleanza dei Paesi dell'Est in ottica anti-Russia. A questo vanno aggiunti gli avvenimenti più recenti, elencati sempre da Orsini ieri sera a Piazza Pulita. “Ci sono state tre esercitazioni in Ucraina: una nel giugno del 2021, dal nome ‘Brezza Marina’; la seconda nel luglio del 2021, chiamata ‘Tre Spade’; infine, la terza nel settembre del 2021, detta ‘Tridente rapido’”. Legittimo? Certo. Ma secondo Orsini anche pericoloso.

Il professore, come esempio di decisioni distensive nei rapporti con Mosca, ricorda infatti di quando Angela Merkel si disse infastidita dalla richiesta dell’ex presidente ucraino Porošenko di chiedere l’intervento della Nato contro Mosca. Tattica utilizzata anche in altri contesti rischiosi: si pensi al “pranzo” che Trump organizzò col "pazzo" Kim Jong-un al fine di evitare un’escalation. O ancora alle manovre internazionali in Venezuela dopo la crisi Guaidò-Maduro. La domanda è: stavolta la Nato ha tirato troppo la corda, fornendo a Putin quegli “incentivi all’invasione” evocati nel 2018 da Orsini? Difficile dirlo. Il professore però avverte: o comprendiamo queste dinamiche, "oppure non capiremo che sta per scoppiare un’altra guerra in Georgia”. Anche lì infatti è presente una porzione di territorio in mano a Mosca.

E sempre lì, nel 2021, la Nato ha condotto un’altra esercitazione militare.

Commenti