Allacciate le cinture, il Pd a Roma sta precipitando. L'inchiesta Mafia capitale, gli arresti, i verbali, il commissariamento che non sta funzionando, la popolarità del sindaco ai minimi termini. Quale che sia il motivo, il risultato finale non cambia: stando a un sondaggio pubblicato da Affari Italiani , se si votasse oggi il Partito democratico si fermerebbe al 17 per cento. Sì, diciassette, la metà dei Cinque Stelle, che prenderebbero il trenta e conquisterebbero il Campidoglio, meno pure della lista Marchini, venti per cento. Un disastro che potrebbe avere ripercussioni pure sul governo.
Quindi, «avanti con Ignazio», dice Debora Serracchiani, vicesegretario nazionale del Pd. O Marino o il baratro. Non c'è alternativa, non esiste un'altra linea, il Nazareno deve sostenere il Marziano a Roma, l'uomo che Matteo Renzi mesi fa voleva sostituire in corsa ma che ora è costretto a difendere. E più la situazione giudiziaria si complica e l'amministrazione s'indebolisce, più paradossalmente il sindaco si rafforza perché il Nazareno non ha carte di riserva.
Così Renzi spedisce al Campidoglio la Serracchiani per fare il punto. Poi in serata Marino resta un'ora a Palazzo Chigi. La parola d'ordine è resistere, del resto il sindaco non ha alcuna intenzione di dimettersi. «Io ho cacciato i corrotti e allontanato nelle prime settimane del mandato persone poi finite in carcere. Ho chiuso la discarica di Malagrotta dopo 50 anni e riaperto i cancelli delle spiagge dopo 30. I criminali temono me e la mia giunta». E il partito non può permettersi il commissariamento in coincidenza con l'apertura del processo Mafia Capitale.
Perciò si tiene duro. Matteo Orfini, presidente del Pd e commissario del partito a Roma, sta iniziando a bonificare i circoli tendando di azzerare i potentati locali. Intanto ha cucito addosso a Marino, e a Zingaretti, l'abito di «baluardo contro il malaffare». La Serracchiani, uscendo dal vertice con il sindaco, conferma: «Il Campidoglio non è in bilico. Il Pd non si muove in base ai sondaggi, altrimenti non avremmo parlato di riforma della scuola prima delle Regionali, e crede fermamente nell'azione riformatrice del sindaco, quindi lo stiamo aiutando in tutti i modi possibili».
Per il Nazareno si tratta di resistere per un paio di mesi, fino al 30 luglio, quando il prefetto Gabrielli deciderà se sciogliere o no il Consiglio comunale. «Ipotesi giuricamente complicata», dice Raffaele Cantone, che però ha avviato il commissariamento dell'appalto da 100 milioni per il Cara Mineo. E politicamente improbabile, salvo cataclismi, visto l'avvicinarsi del Giubileo. Infatti in mattinata Marino, con Gabrielli, monsignor Fisichella e il sottosegretario alla presidenza De Vincenti, partecipa infatti alla cabina di regia per l'Anno Santo. Dunque, forza Ignazio. «È onesto, vada avanti», dice Graziano Delrio. «Il sindaco - sostiene la Serracchiani - ha risposto nei fatti creando una cesura netta tra il passato e la sua azione amministrativa». E cita come esempio di rinnovamento il taglio di alcune teste.
In ogni caso, conclude, «nessuno è rimasto al suo posto: ci siamo mossi prima della magistratura e abbiamo commissariato il partito perché c'è molto da fare».Ma alle opposizioni insistono a chiedere le urne. Così Alfio Marchini: «Comprendo che il Pd con orgoglio difenda Zingaretti e Marino. Ma i romani non meritano questa agonia: commissariamento e poi elezioni anticipate».
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