Sopravvisse al crollo della scuola Renzi gli nega la borsa di studio

Andrea Macrì è su una sedia a rotelle. Nel 2008 il governo Berlusconi gli assicurò 100mila euro ma da tempo ormai non arriva niente. E nessuno gli risponde: "La laurea? Non mi illudo più"

Sopravvisse al crollo della scuola Renzi gli nega la borsa di studio

Quasi un anno in ospedale. Le operazioni. Il recupero, lentissimo e difficile. La felicità che si misura in millimetri: «Un giorno - racconta Andrea Macrì al Giornale - ti accorgi di riuscire a muovere il dito di un piede e ti pare di volare». Oggi Andrea ha 24 anni e vive una seconda vita, con l'aiuto di stampelle e tutore. «Il piede destro non risponde ai comandi, ma riesco a stare in piedi e a fare qualche passo». Si è iscritto a scienze della comunicazione, ma sugli esami ha frenato: «Ne ho dati una manciata, ma gli allenamenti mi portavano via ore e ore e così ho rallentato fino a bloccarmi. D'altra parte c'erano le Paraolimpiadi di Londra che incombevano». Andrea pratica due discipline: la scherma e l'hockey su ghiaccio, nella versione riservata ai disabili e chiamata sleidge hockey . Parliamo di un atleta dalle grandi capacità: nazionale con il fioretto, a Londra del 2012. E ancora nella squadra azzurra sulle nevi di Sochi 2014. Una ragione in più per essere orgogliosi di un giovane che ha avuto l'esistenza tagliata in due dal crollo di Rivoli Torinese, il 22 novembre 2008. La caduta del controsoffitto, la classe, la IV D del liceo Darwin, trasformata in un campo di battaglia, un ragazzo, Vito Scafidi, morto, un altro, appunto Andrea Macrì, con gravi ferite alla colonna vertebrale.

Potrebbe pure essere una storia edificante, ma il lieto fine non c'è. C'è una notizia avvilente che Vincenzo Macrì, il padre di Andrea, dà al Giornale : «La Gelmini aveva concesso ad Andrea una borsa di studio da 100 mila euro per pagargli l'università. Bene, circa un anno fa, il Governo Renzi gli ha tolto la borsa. Quando ho chiamato Roma e ho chiesto spiegazioni mi hanno risposto burocraticamente che non aveva dato gli esami. Anzi, ad essere sinceri non sappiamo nemmeno formalmente chi abbia tolto la borsa, nessuno ci ha detto nulla: l'ultimo pagamento è del 2012. Poi, solo silenzio». Fino a quel momento erano stati erogati 40 mila, euro, meno della metà del budget. Non importa.

Enzo Macrì è quasi imbarazzato: «Io sono stato fra i fondatori dell'Ulivo a Torino, ma devo dire che la Gelmini è stata correttissima con noi e vicina umanamente alla famiglia di Vito Scafidi. Questo non vuol dire che io condivida le ragioni della sua riforma. Ma questo governo semplicemente è sparito, ho solo scambiato qualche frase con una funzionaria. Ho cercato Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione che conoscevo, ma lui non si è fatto trovare. Un comportamento incomprensibile». Non è tutto. Il padre, ferito, insiste: «É vero che Andrea è andato piano con lo studio, ma non è che non faccia nulla. Lo sport è stato la sua terapia, ha recuperato progressivamente partendo da una situazione difficilissima. Dedica molte ore alla scherma e allo sleidge hockey, non prende un centesimo, va nelle scuole a parlare, racconta la sua storia». Ma questo a Roma non interessa.

La favola è spezzata: «Mi dispiace - conclude Andrea - ma ho lasciato la nazionale di scherma e non andrò a Rio. Devo cercarmi un lavoro e non posso permettermi due sport». E la laurea? «Se avessi uno contributo riprenderei subito. Ma non mi faccio più illusioni».

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